Zucco Barbesino – Via Bramani – Una classica ormai abbandonata

BARZIO (LC) – PIANI DI BOBBIO 1.662 m – ZUCCO BARBESINO 2.152 m – Via di arrampicata classica – Difficoltà IV+ (obbl.) – Grado alpinistico D – Sviluppo 300 m – Esposizione Nord Ovest

La nostra idea di giornata sarebbe stata quella di salire la via dei Monzesi al Barbesino, ovvero una via moderna gradata in un modo che la faceva sembrare decisamente abbordabile.

Ecco, se vi capitasse di avere la nostra stessa brillante idea, sappiate che quella via è DECISAMENTE sottogradata e richiede disinvoltura sul 6b per riuscire a godersela (è sempre verticale e strapiombante, per quanto chiodata benissimo).

Noi ne abbiamo salito il primo tiro e poi abbiamo deciso di desistere: troppa fatica, non ci stavamo divertendo.

Cosi siamo passati al piano B andando alla ricerca di questa via Bramani della quale si trova pochissima documentazione online (e presto scopriremo anche il motivo😅).

In passato avevamo già percorso la via Bramani allo Zucco di Pesciola e nonostante non sia stata certo una via facile, ci era piaciuta moltissimo e quindi abbiamo pensato che avremmo trovato qualcosa di simile anche qui sul Barbesino.

Ecco…non è andata proprio così!
La Bramani del Barbesino è ormai una via del tutto abbandonata e crediamo pochissimo ripetuta a causa della roccia che su questa parte della montagna è decisamente pericolante e pericolosa.

Si stacca tutto, anche rocce grosse come elettrodomestici e quindi non è stata esattamente un’esperienza esaltante, anzi; l’abbiamo salita con molta tensione e poca soddisfazione, fatta eccezione forse per i due tiri di camino che almeno risultavano ancora DECENTI, ma anch’essi comunque tutt’altro che solidi e sicuri.

Tra l’altro le protezioni si contano sulle dita di una mano e le soste sono presenti solo sui primi due tiri, dopo bisogna arrangiarsi e sapersi muovere in autonomia con esperienza alpinistica e capacità di leggere la montagna, altrimenti si rischia di finire in qualche punto morto e non essere in grado di rientrare.

Inutile dire che calarsi da qui è un discreto cinema, quindi se iniziate questa via fatelo con la tranquillità che la porterete sicuramente a termine, oppure optate per altro.
Alpinista avvisato…. 😉

Avvicinamento

A Barzio, prendere la funivia dei Piani di Bobbio (orari e prezzi disponibili a questo link) o in alternativa, se vi volete male, raggiungere gli stessi tramite l’eterna strada che parte prima del parcheggio (circa 1h e 45m).

Da qui seguire la strada carrabile che dopo circa 500 m raggiunge la chiesa, ben visibile in mezzo ad un pratone.
Quindi deviare a sinistra (est) seguendo una traccia che passa accanto ai piloni della seggiovia e che punta dritta in direzione del Barbesino.

Al termine dell’impianto troverete una casetta e i cartelli per la falesia l’Era Glaciale che va raggiunta con un breve tratto in salita (10-15 min) e superata proseguendo sul sentiero che rimane basso nella valle fino quasi al suo termine.

La via sale più o meno in mezzo all’ultima parete della valle in corrispondenza di una linea di diedri che si alzano appena alla sinistra della prominenza maggiore (tra le foto trovate anche quella dell’attacco).

Alla base troverete una barra metallica arrugginita incastrata in una fessura orizzontale e dei cordini.

….. tutta rottaaaaaaaaaa

Descrizione dei tiri

Prima parte: la via vera e propria

  1. III (45m) – Si attacca subito a sinistra di una barra metallica con dei vecchi cordini, incastrata in una fessura.
    Salire prima in diagonale sinistra, poi in diagonale destra seguendo delle facili rampe, quindi un po’ in verticale fino ad uscire dal primo muretto.
    Proseguire su cengia detritica fino alla base dell’evidente diedro che appare dritto di fronte. Sosta su chiodi appena a destra del diedro; nessun chiodo sul tiro.
  2. IV+ (45m) – Entrare nel diedro: primi metri non proteggibili, poi si trova la possibilità di inserire qualche friend.
    Continuare nel diedro con bella arrampicata fino circa 3 metri sotto un sasso incastrato (2 ch. poco prima).
    Deviare quindi a destra verso il fragile spigolo (OCCHIO ALLA ROCCIA MARCIA!!) e rimontarlo fino alla sosta che si trova appena sopra al masso incastrato (1 ch e una piastrina).
  3. V (45m) – Il grado originale sarebbe IV+ ma il tiro ha un tratto decisamente più duro del precedente quindi a nostro avviso ci sta mezzo grado in più (anche V+ non sfigurava).
    Salire sopra alla sosta una paretina facile (III+), poi su cengia detritica (!!!!) fino alla parete successiva (3 ch poco visibili a circa 3 metri da terra).
    Attenzione a NON traversare a sinistra in direzione di un evidente diedro nero, nonostante un chiodo arancione alla sua base. E’ decisamente fuori grado e non si tratta del percorso corretto!!
    Salire invece la paretina aggettante e faticosa (a nostro avviso circa 5b/c in chiave moderna) sfruttando i 3 chiodi ravvicinati più un quarto chiodo in uscita e spostarsi quindi leggermente a destra entrando in un diedro che va risalito in verticale seguendo dei massi incastrati e delle fessure.
    Dopo i massi, deviare a destra su cengia detritica (!!) e quindi su terrazzino fino alla parete successiva dove si trova una grossa clessidra sulla quale si sosta.
  4. III+ (30m) – Salire nel piccolo camino a destra della sosta per circa 2 metri, poi uscire a sinistra fino all’ennesima cengia detritica (!!!).
    Puntare a sinistra in direzione di un diedro con fessura verticale su roccia molto delicata che va risalito direttamente.
    Uscire poi a sinistra facendo sempre molta attenzione ai detriti fino ad un grosso masso alla base di una cengia erbosa su cui si può sostare.
    Nessuna protezione sul tiro.

Seconda parte: libera salita su sfasci fino alla vetta

Da qui in avanti la via va un po’ a sentimento, nel senso che ci si trova in una zona con rampe appoggiate e paretine di II / III grado salibili più o meno nel punto che si preferisce.

Noi abbiamo seguito una breve paretina con fessura sulla sinistra per poi rientrare a destra sulla verticale della sosta. Quindi sempre dritto seguendo le debolezze della roccia e i punti più facili (tanto non ci sono chiodi, cordini o segni ad indicare la via corretta) fino a quando, dopo 2 tiri da 40-50 metri siamo atterrati su grosso terrazzo erboso con pini mughi e con delle corde fisse (possibile sosta su un ch arancione con cordino).

Durante questi tiri si può sostare su qualsiasi masso, facendo però estrema attenzione alla solidità dello stesso in quanto il terreno è costellato di sfasciumi e anche i massi più grandi tendono a ballare.

Per uscire in vetta si può decidere di fare un ulteriore lungo tiro in conserva protetta (80m circa), con difficoltà attorno al III grado infilandosi in un grosso diedro subito a destra della sosta del terrazzo erboso oppure, se anche voi siete stufi del marciume, mettersi le scarpe e uscire a destra seguendo una rampa di erba e detriti fino alla cresta, quindi per un diedro di primo grado a sinistra fino all’anticima erbosa con croce commemorativa.

Discesa

Dalla croce dell’anticima si segue per traccia di sentiero l’erbosa cresta in direzione ovest (quindi verso i Piani di Bobbio) che si abbassa tra erba e qualche tratto roccioso fino a giungere ad una sella.

Qui scendere alla propria sinistra in direzione del rifugio Lecco fino a raggiungere la strada, quindi per prati o seguendo la strada stessa in direzione della chiesetta dei piani di Bobbio.

Infine come per il tragitto dell’andata fino alla funivia (poco più di 1h dalla vetta)

Giudizio

Allo stato attuale (2023), questa via è decisamente pericolosa a causa dell’infinita quantità di detriti che si trovano sulle cenge e durante la scalata.

Difficile consigliarla a qualcuno, se non magari a qualche esperto alpinista abituato a muoversi agevolmente su vie di roccia poco sana e con la totale abitudine a proteggersi da solo e leggere autonomamente la montagna per trovare la strada.

E’ un vero peccato perché la roccia nei pochi tratti in cui è sana risulta davvero gripposa, generosa di appigli e appoggi e divertente da arrampicare, ma a meno che qualche Guida non decida di fare un immenso lavoro di disingaggio e sistemazione (probabilmente anche impossibile), crediamo che questa sia ormai una via perduta e non adatta a ripetitori moderni.

Noi la recensiamo comunque, perché è stato un pezzettino della storia di uno dei più grandi alpinisti italiani, ma a parte il rispetto per Vitale Bramani crediamo non valga davvero la pena di rischiare la pelle su questa linea quando potete trovare ancora molte vie sane e semi trad nella zona del Pesciola / Campelli, decisamente più remunerative per l’arrampicata.

Consigliamo ad esempio la fessura Comici Cassin al Campelli, la via dei Bergamaschi, piuttosto che la Gasparotto o il diedro di Bramani stesso al Pesciola, che sicuramente regalano ancora una bella e sicura scalata con molti meno problemi di quelli che troverete invece su questa via.

Print Friendly, PDF & Email
Disclaimer

Attenzione: Le attività che si svolgono in montagna quali alpinismo, arrampicata, scialpinismo, ma anche il semplice escursionismo possono essere potenzialmente pericolose: la valutazione del rischio spetta alla responsabilità di ognuno singolarmente, in base alle proprie condizioni psico-fisiche e alle condizioni ambientali. Relazioni e descrizioni all'interno del blog sono frutto della nostra personale esperienza, possono contenere imprecisioni nonostante la nostra attenzione; le foto e i video possono essere utilizzati esternamente solo a fronte di richiesta e autorizzazione scritta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *