Via Fior di Montagna alla cima di Pescegallo

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da GEROLA ALTA loc. PESCEGALLO (SO) a CIMA PESCEGALLO – VIA FIOR DI MONTAGNA – disl. positivo 300 mt per VIA DI ARRAMPICATA – VIA LUNGA III e IV grado

Memori del caldo tropicale patito durante l’avvicinamento dello scorso weekend, (vedi https://www.inmontagna.blog/via-spigolo-dei-bergamaschi-allo-zucco-pesciola/) a questo giro di giostra optiamo per la comoda e più economica (almeno in termini fisici!) seggiovia, che da Pescegallo porta fino al Rifugio Salmurano (1848 mt).

Giunti al termine della seggiovia, si aggirano gli impianti a monte e si percorre poi l’evidente sentiero che entro breve scende per una cinquantina di metri ed infine traversa verso est (rimanendo più o meno in quota) passando sotto i paravalanghe.
Dopo circa 15 minuti di sentiero in costa, si arriva alla strada sterrata che porta poi fino al lago e alla diga di Pescegallo.

Giunti al lago, possiamo da subito apprezzare il fatto che questa parte di valle è molto meno frequentata del versante opposto, forse per il minor numero di pareti scalabili, cosa che ci permette di godere in santa pace dell’ambiente costellato di rododendri in fiore, meravigliosi in questa stagione, e del silenzio….rotto solo da qualche sconsiderato idiota che dal lago continua ad urlare dicendo cose insulse (presto o tardi faremo un articolo riguardo al silenzio in montagna).

La nostra cima ha una sagoma inconfondibile: una volta individuata, la si raggiunge velocemente, risalendo per pendii erbosi e roccette.
La partenza della via si trova quasi sulla verticale di un ampio diedro ed è segnalata da una targa che ne spiega il nome. Da qui ci si imbraga e si parte per la scalata, lunga ma facile e divertente:

in alcuni punti, letteralmente si cammina. Gli unici tiri di IV sono i tre centrali su placca di ottimo granito (mentre altrove si trovano anche punti di deposito detritico e pietre ballerine a cui bisogna prestare attenzione).
La chiodatatura è ascellare nei tiri di IV, persino eccessiva (vedi descrizione dei singoli tiri più sotto). Una volta giunti alla madonnina che segna il termine della via, è possibile raggiungere a piedi, proseguendo in cresta, la cima vera e propria di Pescegallo, che è una cimetta erbosa poco più a monte.
Volendo, a pochi minuti di distanza, si può arrivare anche alla cima di Ponteranica da cui si gode di un bel panorama in direzione dei laghi omonimi e verso le valli bergamasche.

Tornati alla madonnina, per scendere si effettua una lunga calata in doppia utilizzando una sosta posta sulla sinistra (faccia a monte), raggiungibile con l’ausilio di una fune metallica: sono 60 metri ESATTI di calata, seguendo l’andamento degli spit della via d’arrampicata posta su questo versante, che permettono di arrivare quasi alla base della montagna.

Da qui, si traversa leggermente a sinistra e si discende il canalone seguendo il percorso più agevole, aggirando poi le pareti rocciose sulla sinistra (si incontrano qualche ometto e tracce di sentiero) fino ad incrociare una traccia più evidente che sempre in direzione sinistra riporta quasi all’altezza della partenza della Via fior di Montagna, per poi ricollegarsi al sentiero che conduce a valle.
Peccato che noi qui, abbiamo avuto qualche problemino…..anzi……..dei problemini con le corna!!!

 ————— intermezzo  —————

Ebbene sì: le capre sono carine, curiose, simpatiche… ma quando ti avvistano da lontano, ti puntano ed iniziano ad avvicinarsi a te prima al passo e poi di corsa, in branco, non ti diverti per niente: te la dai a gambe, scappando e saltando tra le rocce con le capre e le loro poco amichevoli corna attaccate al sedere. A un certo punto capisci che quello è il loro terreno, non il tuo, e semplicemente non puoi batterle nè in velocità nè in agilità, manco il capretto più piccino del gregge. Allora ti fermi e provi a fargli brutto, niente da fare, quelle ti guardano, belano e continuano a puntarti. A noi non è restato che girarci e provare ad allontanarci, questa volta a passo lento, sperando di non essere incornati a bruciapelo. Fortunatamente in un attimo di lucidità caprina devono aver capito che no, non eravamo i pastori e no, il giochino non era divertente e lì si sono fermate. A raccontarlo è esilarante, a viverlo un po’ meno.

 ————— fine intermezzo  —————

Scampato il pericolo capre puntiamo direttamente alla diga del lago di Pescegallo, riguadagnando il sentiero che ci condurrà fino al parcheggio degli impianti.

Per finire pucciata di piedi nel fiumiciattolo e immancabile sosta all’ Homo Selvadego (http://www.agriturismolhomoselvadego.it/) per la cena, che non delude mai.

 

Descrizione dei tiri

  1. (30m – II) si attacca a destra della targa salendo per un canalino sfasciumoso o direttamente sulla placca, fino ad arrivare alla base della parete superiore dove si prosegue traversando a sinistra sino alla comoda sosta
  2. (30 m – III) si prosegue lungo il canalino seguendone l’andamento, portandosi alla base della placca di IV dove si incontra la sosta: un solo chiodo, ma più che sufficiente visto che la parete è appoggiata. Se invece si sentisse la necessità di proteggere ulteriormente prestare attenzione alla roccia, in alcuni punti distaccata e instabile
  3. (30 m – IV+) si attacca la placca sulla destra della sosta, seguendo la chiodatura davvero sovrabbondante (9 chiodi), su buona roccia lavorata che offre molti appoggi per i piedi
  4. (30 m – IV+) questo tiro è un po’ più semplice del precedente ma comunque abbondantemente chiodato (8 chiodi): si risale qualche metro usando lo spallone roccioso che devia in direzione sinistra e superato questo, in verticale fino alla sosta
  5. (25 m – IV) bisogna spostarsi a sinistra traversando su piccola ma comoda cengetta, per poi seguire la verticale dei chiodi (nel numero di 7) fino alla sosta: dopo pochi metri l’inclinazione della parete diminuisce
  6. (30 m – III) si percorrono i primi metri su placca per poi arrivare ad un terrazzino che risale in diagonale verso sinistra, sul quale si può proseguire camminando; è presente un solo chiodo
  7. (30 m – III+) si risale il masso alla sinistra della sosta e poi si prosegue in verticale sulla parete: circa a metà se non si è andati fuori via si incontra un chiodo, poi un po’ più avanti se ne incontra un’altro, più vecchio, camuffato con le rocce, infine la sosta, l’ultima attrezzata della via
  8. (50 m – III) si segue il filo di cresta fino a raggiungere un cambio di pendenza con dei massi su cui è possibile allestire una sosta: c’è un chiodo sulla sinistra poco sopra la metà del tiro, anche questo non facile da individuare
  9. (50 m – II) questo tiro lo abbiamo azzerato, proseguendo slegati: non ci sono protezioni ma l’inclinazione a questo punto è agevole e si prosegue per roccette, seguendo la cresta, fino ad individuare la madonnina sistemata un po’ prima dell’anticima

 

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