Ravanata del Vallon – Val d’Algone – Dolomiti di Brenta

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MALGA VALLON (1210mt) – BUSA DEL VALLON SUPERIORE (2445mt) – Trekking con ravanata su ghiaione – dislivello positivo  1200 m circa

Il Brenta è il nostro paradiso da quasi 40 anni e ormai trovare gite che ancora non abbiamo fatto diventa sempre più difficile.
Cartina alla mano, abbiamo dato un’occhiata ai punti che per noi erano inesplorati e abbiamo identificato questa parte sud del gruppo che, complice la relativa distanza da Madonna di Campiglio, non avevamo mai visitato.

Il gruppo del Vallon è posizionato a sud-ovest del Brenta ed è accessibile dal basso in due modi: dalla val d’Algone (mai percorsa prima da noi) oppure prendendo una tortuosa strada che da Giustino scavalca la sella della montagna
alla destra del Doss del Sabion e che conduce alla Malga Movlina (non so se la strada sia percorribile senza permessi), punto molto conosciuto perché da lì parte l’accesso più facile al rifugio XII Apostoli.

Devo dire la verità: non siamo partiti con delle idee precise in testa. L’unica cosa che sapevamo è che volevamo vedere questo Vallon…..senza sapere esattamente cosa aspettarci.
Oggi insieme a noi era presente anche mio fratello che però nell’ultimo anno non si è allenato neanche un po’ e quindi è arrivato scarico fisicamente all’appuntamento con la montagna.
Questo ci ha fatto procedere più lentamente del solito ma non ci ha impedito di goderci questo bel gruppo praticamente lasciato a sé stesso, anche a causa del fatto che qualche anno fa c’è stata un’importante frana dove sono morte delle persone e il sentiero che risale il Vallon è stato interdetto.
Questo ovviamente l’abbiamo scoperto una volta arrivati in loco, ma abbiamo deciso di valutare personalmente la situazione e di procedere comunque.
Abbiamo fatto bene perché il posto vale e abbiamo scoperto alcune chicche notevoli di cui vi racconteremo.

Non è certo l’accesso migliore del mondo….si attraversano ghiaioni scoscesi e senza una traccia reale, ma comunque anche da qui è in teoria possibile raggiungere il rifugio XII Apostoli e le cime di Prato Fiorito e delle Tose
(Attenzione! Non la cima Tosa, ma le Tose…altra cosa) dove sono presenti diverse vie di arrampicata.

A noi però in questo frangente interessava più che altro visitare il posto e scoprirlo….e così abbiamo fatto 😉

AVVICINAMENTO

Per risalire il Vallon bisogna prima raggiungere l’accesso stradale della val d’Algone. Da Tione di Trento, scendere verso Riva del Garda / Torbole / Sarche e dopo pochi km attraversare il fiume seguendo per i paesi di Ragoli e Coltura.
Superare Coltura e nel giro di un paio di km, all’altezza di un tornante verso destra, si trova la strada della val d’Algone ben segnalata dai cartelli.
Siamo rimasti sorpresi nello scoprire che anche questo accesso al parco durante l’estate è regolamentato e vengono venduti i tagliandi di accesso carrabile ad uno sgabbiotto del parco, poco prima del rifugio Ghedina, ad un prezzo di 4€.
Sorpresi perché ci immaginavamo che non fosse molto battuta sta zona, ma essendo l’accesso più rapido per la malga Movlina la cosa ci può stare.

Si percorre la strada per una decina di km fino a raggiungere e superare il rifugio Ghedina.
Poco dopo, sulla destra, c’è una strada con indicazioni verso la malga Movlina. Seguirla e attraversare la malga Vallon visibile su un pratone a sinistra fino ad un tornante verso sinistra.
Lì la strada diventa sterrata e prosegue verso la Movlina. Noi invece si parcheggia qui in corrispondenza di una stanga chiusa e di una strada erbosa che si inoltra nel bosco sull’angolo del tornante.

DESCRIZIONE DELLA SALITA

Si parte seguendo questa strada jeeppabile nel bosco che ben presto si trasforma in sentiero.
Volendo, sulla sinistra, si vede un’altra traccia. Essa conduce verso un altro sentiero in direzione della valle delle Ortiche e del passo omonimo.
Era una delle possibilità per la giornata ma Erica ha deciso di andare dritto e l’abbiamo seguita tutti verso il Vallon.

Si procede nel bosco costeggiando a breve distanza un torrente e presto si raggiunge un punto in cui il bosco si apre e va attraversato un suo affluente. Noi lo troviamo secco quindi il problema non si pone.
Di acqua non ce n’è al momento e immagino non se ne trovi mai in estate visto anche il buon inverno che c’è stato in questo 2018.
In questa parte il sentiero è ben segnato sia da segnavia che da ometti quindi non è necessario approfondire più di tanto.

Giunti sul fondo della valle, poco prima che il sentiero si alzi in direzione destra cambiando pendenza, è possibile ammirare una cosa che non ci si aspetta assolutamente ma che vale da sola l’accesso a questa valle poco battuta.
All’interno del corso asciutto del torrente (vedere foto della mappa con posizione indicativa del masso) è presente una roccia di dimensioni notevoli sulla quale sono impressi reperti fossili in grande quantità, tanto da far sembrare questa roccia un quadro preistorico.
250 milioni di anni fa, dove ora ci sono le Dolomiti c’era il mare: questi piccoli crostacei (o quello che erano) letteralmente compongono il grande “sasso fossile” della Val d’Algone, che presenta una superficie piana dove sono sezionati gli animaletti. La roccia è scura, i fossili bianchi (il contrasto si apprezza di più bagnando la superficie): sembra una tela naif, un’opera d’arte di 4 metri per 2.

Per l’esattezza si tratta di un mollusco bivalve del genere Megalodon che viveva nel mare Triassico di tutta l’area dolomitica tra 250 e 200 M. di anni fa. Infatti tutta l’area dolomitica, a quell’epoca, era poco sopra l’equatore, quindi ad una latitudine molto inferiore all’attuale: il mare era calmo, acque basse e calde tipo le odierne Hawaii, con picchi di roccia (il Pitz Boè di oggi era uno di quelli) che alternativamente spuntavano dall’acqua a seconda delle variazioni del livello eustatico del mare triassico. E’ un fossile molto diffuso in tutto l’areale: dal Pelmetto al Sella, alle Tre Cime di Lavaredo.

Grazie a Claudio Pergolini, Geologo e amico del progetto “Insieme per i ghiacciai” per le preziose informazioni!!!

La salita procede per terreno ripido prima su un ghiaione e poi in mezzo a dei mughi fino a raggiungere una grossa conca (la Busa Fonda, 1850mt circa) che probabilmente fino a qualche anno fa ospitava un piccolo ghiacciaio ora completamente estinto.
Giunti a questo cambio di pendenza ci riposiamo un’attimo anche perché la giornata è molto umida e si suda parecchio.
Dopo 5 minuti riprendiamo a salire verso sinistra con una traccia che dapprima si innalza fino ad una spalletta erbosa e poi procede più o meno in costa tagliando tutta la valle attraverso pini mughi, prati e sfasciumi vari fino a
raggiungere dei pratoni con ottima vista sulla cima Brut (esattamente di fronte a noi).
Da qui in poi la traccia diventa praticamente invisibile e non più segnata. Questo sentiero infatti è stato rimosso dalle carte e non è più battuto a causa di una frana venuta giù presumibilmente poco più a monte di questo punto.
Noi cerchiamo di orientarci ma non vediamo altra possibilità se non quella di procedere nel vallone, stando abbastanza vicini alle rocce che lo delimitano sul lato nord-ovest e risalendo il ripido ghiaione che in molti punti ci darà del filo da torcere sia per pendenza che per instabilità del terreno.

Il ghiaione non finisce mai e supera diversi risalti rocciosi che si vedono alla propria destra. Quando la pendenza del ghiaione molla un po’, ci si sposta un po’ più verso il centro della valle passando in mezzo a delle grosse rocce senza percorso obbligato fino a guadagnare l’ultima parte di salita che porta in una grande conca nel bel mezzo di un’anfiteatro di montagne: la Busa di Vallon Superiore.
Giunti a quel punto noi ci siamo fermati, anche perché il tempo non prometteva niente di buono e avevamo paura di prendere delle gran scrosciate d’acqua che su quel terreno impervio non sarebbero state certo gradite.
Volendo, da questo anfiteatro è possibile seguire una traccia appena visibile sul ghiaione a sinistra che procede verso monte e conduce fino al passo del Vallon che ci trova circa 400mt di dislivello più in alto e ben visibile da qui.
Dal passo però, non sappiamo se sia ancora possibile arrivare da qualche parte. Una volta si riusciva a raggiungere il rifugio XII Apostoli scendendo da una vedretta nevosa ma ora senza la neve questa discesa è probabilmente impraticabile.
Non lo scopriremo questa volta purtroppo. La nostra gita termina qui e ci ributtiamo così verso valle seguendo la stessa linea dell’andata ma divertendoci un mondo a correre e scivolare lungo il ghiaione (non fatelo se non siete pratici e non l’avete già fatto mille altre volte!).

Tornati alla macchina poco prima che arrivasse il temporale, ci spostiamo in auto fino al primo bar che si incontra lungo la strada della val d’Algone e ci concediamo una meritata birra con patatine e due chiacchiere con un simpatico ragazzo di Stenico che abbiamo incrociato durante la mattina e che ci ha fatto compagnia per tutto il percorso.

Durante questa gita non abbiamo conquistato alcuna vetta e non abbiamo raggiunto alcun punto significativo sulla mappa, in compenso abbiamo visitato una delle poche valli dove fino ad oggi non avevamo mai messo piede sul Brenta e soprattutto abbiamo scoperto dell’esistenza di un reperto fossile di valore inestimabile e che vi consigliamo caldamente di andare a vedere perché è unico nel suo genere.

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