Daisetsuzan: trekking ad anello nel più grande parco naturale del Giappone

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Gli Ainu* lo chiamavano Kamuimintara, il giardino degli Dei (e pare che questi dei non siano quelli che ci immaginiamo noi, bensì… gli orsi!)

Il Daisetsuzan o Taisetsuzan è il Parco Nazionale più esteso del Giappone, comprende tre gruppi vulcanici, alcuni ancora attivi e 5 montagne che superano i 2.000 metri (altezza rilevante per queste zone): è un territorio davvero magico, con un paesaggio estremamente variabile e soprattutto molto diverso da quello a cui siamo abituati in Europa e in Italia. Si passa dal bosco semi-tropicale (e moooolto umido) delle quote più basse all’assenza di vegetazione dell’altopiano, colorato però dalle rocce magmatiche i cui minerali tingono il paesaggio di bianco, rosa, giallo, rosso, verde e blu. Un vero spettacolo della natura, che cambia ad ogni passo.

Abbiamo avuto il piacere di condividere questa bella escursione di due giorni con un amico giapponese, intraprendendo il classico giro ad anello che percorre il perimetro dell’Ohachidaira Caldera, situata proprio al centro del Daisetsuzan: questa enorme depressione, interdetta al passaggio degli umani così come ogni parte del parco non percorsa dal sentiero, è il risultato dell’esplosione del Daisetsu-Dake avvenuta circa 30.000 anni fa, e lungo il suo perimetro si staccano altri sentieri che portano alle cime limitrofe.

L’ambiente è magnifico ma richiede attenzione: dalla caldera vengono ancora sprigionati vapori tossici, l’attività vulcanica è tutt’altro che sopita e il rischio di incontrare l’orso è reale. Durante il nostro giro un esemplare era stato avvistato all’interno della caldera, motivo per il quale, anche se fa un rumore antipatico, conviene dotarsi di campanellino (soprattutto se si cammina da soli) e non avventurarsi all’esterno durante il crepuscolo e le ore che precedono l’alba, quando gli animali sono più attivi.

Abbiamo spezzato il giro in due giorni per potercelo godere con calma e per fare anche qualche cima limitrofa a compendio, pernottando presso un bivacco situato appena sotto l’Hakuundakebunki. Nei mesi di piena stagione c’è un gestore e si pagano 1.000 yen per il pernottamento all’interno (in bassa stagione è sufficiente lasciare un obolo di 300 yen), ma per chi volesse all’esterno c’è uno spazio riservato alle tende. Lo spazio è molto bello, la struttura in legno ha due piani nei quali si entra senza scarpe o ciabatte, quindi pulitissima, con bagni all’esterno: è necessario portarsi il sacco a pelo e il cibo. Come da noi, ovviamente, i rifiuti si portano a valle!

A seguire una breve descrizione, anche se i sentieri sono a prova di stupido, impossibile perdersi!, e anche il trekking seppur abbastanza lungo, non è impegnativo dal punto di vista fisico. I tempi indicati sulla cartina, che alleghiamo tra le foto, sono decisamente troppo dilatati per un trekker minimamente allenato: tuttavia la bellezza del luogo vi farà fermare ogni tre secondi per scattare qualche fotografia, quindi prendetevi le vostre pause, questo giro le merita tutte!

*Ainu: piccola nota per chi viaggia e cammina in Hokkaido.

Se visitate l’Hokkaido non potrete fare a meno di imbattervi nella storia degli Ainu, che ha origini antichissime e ancora avvolte dal mistero (questa parte la lasciamo a Wikipedia o meglio ancora a questo interessante sito). Sono in sostanza la popolazione indigena/aborigena di questa terra, prima che i giapponesi veri e propri la colonizzassero (definitivamente intorno al XIX secolo). Fatto questo che non può essere avvenuto in modo così indolore, come gli opuscoli che troverete in giro vorranno farvi credere…
Con un’organizzazione di tipo tribale, in lande caratterizzate da vulcani attivi, tifoni, uragani e natura selvaggia il popolo Ainu sviluppò un forte senso di connessione con la terra e la sua energia (Kamui-utari) e una religione oggi diremmo di tipo animista, dove gli animali sono considerati spiriti/dei/guardiani (Kamui).
Gli Ainu, ad uno sguardo attento facilmente riconoscibili anche dai tratti somatici, vivono sparsi per l’isola di Hokkaido o in gruppi concentrati in villaggi tradizionali (Kotan) dalla chiara vocazione turistica, molti si dedicano alla salvaguardia e preservazione della memoria delle antiche tradizioni tribali (riti, danza, artigianato in legno, ecc). Questo aspetto, seppure folcloristico, è anche molto triste: un po’ come per gli indiani d’america, a seguito di una colonizzazione e assimilazione forzata, il cuore e la ricchezza della loro identità sembrano destinati a sopravvivere solo in forma apparente. Se le radici si inaridiscono anche l’albero muore.
Gli Ainu diedero un nome ai fiumi e ai monti dell’Hokkaido, e non solo; la leggenda narra che “quando l’ultimo orso sarà ucciso, non ci sarà più nessun Ainu”.

Dopo la gallery la descrizione completa e dettagliata di tutto il giro.

Avvicinamento

L’approccio al Parco di Daisetsuzan può avvenire da più lati, essendo molto esteso; a seconda della parte che si vuole visitare conviene scegliere da dove partire. Per quanto ci riguarda abbiamo scelto come base la piccola cittadina di Sounkyo, situata in una delle valli verdeggianti che circondano il parco. Da qui parte una funivia + seggiovia che consente di raggiungere la quota di partenza della gita, risparmiando ai trekker un po’ di dislivello (che non sarebbe un problema se l’ambiente al di sotto non fosse così tremendamente umido, almeno in estate!).

E’ costosetta ma ne vale la pena. La cosa positiva è che apre alle 6 del mattino: ovviamente se volete fare colazione a quest’ora non troverete nulla di aperto, se non gli immancabili minimarket.

Percorso

Scesi dalla seggiovia si comincia a salire un sentiero ripido, a gradinate, piuttosto umido: la vegetazione è lussurreggiante, simile alla nostra ma con un sottobosco più tropicale.

Si raggiunge il Monte Kurodake (1.984 m slm) dopo aver percorso circa 300 metri di sudatissimo dislivello. Da qui si raggiunge il rifugio (custodito, almeno in questa stagione) al di sotto del Keigetsudake: questa prima parte dovrete percorrerla in senso opposto anche al ritorno, mentre da qui comincia l’anello vero e proprio.

Il senso di percorrenza è indifferente: dipende più che altro dalla visibilità, in quanto queste cime sono spesso immerse in un letto di nubi che possono essere più o meno alte. Noi siamo stati fortunati, le nuvole sono rimaste sempre sotto di noi, offrendoci visuali davvero suggestive.

Il sentiero percorre il margine dell’Ohachidaira Caldera, che dunque si avrà modo di ammirare da differenti punti di vista. Dopo aver raggiunto Hokuchindakebunki abbiamo fatto una scappata sul vicinissimo Hokuchindake (poche centinaia di metri di dislivello in più), per poi proseguire in senso antiorario fino all’Hokkaidake, con continui sali scendi.

Da qui abbiamo interrotto l’anello per scendere verso il nostro bivacco, non prima di aver salito anche l’Hakuundake (2.230 m slm).
Presso il bivacco è presente una fonte d’acqua potabile: attenzione, sui vulcani non bevete acqua in giro se non siete più che certi della sua provenienza, potrebbe essere tossica/velenosa.

Dopo esserci goduti un tramonto ed un’alba spettacolari siamo ripartiti di buon mattino per riprendere il giro ad anello dove lo avevamo lasciato, ritornando all’Hokkaidake in una giornata stavolta sgombra da nubi, e proseguendo per tornare al primo rifugio incontrato. Da qui indietro a ritrovare la nostra seggiovia, fino a valle.

Giudizio

Lo abbiamo già detto che questo trekking è spettacolare?! Caldamente consigliato immaginiamo sia bellissimo anche in luglio, durante la fioritura e in autunno, con i colori della natura al loro massimo splendore (a anche in inverno, con la neve, perchè no!).

Per questo è anche molto frequentato da trekkers di tutte le età, specialmente nipponici: sarà che siamo abituati ai dislivelli alpini, noi lo abbiamo trovato assolutamente abbordabile. Nonostante questo si percorrono circa 1300mt di dislivello e 16 km il primo giorno e 1700mt di dislivello e 24 km complessivi nei due giorni, quindi è in ogni caso stancante se non si ha il dovuto allenamento e non consigliabile, proprio perchè molto lungo, a chi non è abituato a camminare in montagna. I punti di appoggio comunque ci sono, anche se non vicinissimi l’uno all’altro.

Per chi volesse abbiamo poi scritto un piccolo articolo generico sul trekking in Hokkaido, con qualche informazione di sicura utilità!

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