Cresta dell’Oreste – Pietra Grande e Cima Vagliana, con una guest star d’eccezione!

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FUNIVIE MADONNA DI CAMPIGLIO (TN) – CIMA PIETRA GRANDE 2.936 m s.l.m. – CIMA VAGLIANA 2.860 m s.l.m.
SVILUPPO CRESTA CIRCA 6 km – DISLIV. COMPL. 700 m circa – SVILUPPO COMPL. 11.5 km circa (partendo dal Grostè) – I, II GRADO, 1-2 passi di III

La via è nata dal sogno di dedicare a mio papà Oreste una salita che potesse diventare una classica del Brenta con però la concezione di sicurezza: un alpinismo non solo esplorativo ma moderno, sicurezza in primis.

Su questa cresta ci sono circa 80 protezioni, più le calate; tutto ciò l’ho voluto per dare a tanti alpinisti la possibilità di muoversi in un ambiente spettacolare, ma quasi impossibile da percorrere se non fosse stato così protetto.
Erano anni che guardavo e salivo a perlustrare la cresta e un bel giorno mi sono deciso: ho comprato la ferraglia e… su a chiodare, ho lavorato parecchio da solo poi un aiuto da parte di Mattia Fedrizzi e Roby Manni per completare quest’opera.


La considero una delle più belle traversate Dolomitiche, non solo per gli affetti che mi legano a questa montagna.
Oreste era uno dei più grandi conoscitori del Brenta settentrionale e per questo ho voluto dedicargli una via in questo angolo del Brenta.
Ho chiodato anche la cresta Nonna Anna, mia mamma, e le 2 vie partono agli opposti per poi ritrovarsi in cima Vagliana: ora i miei genitori si trovano ancora uniti, per sempre.


Per me realizzare questo sogno è stata una delle soddisfazioni più grandi della vita.
Spero ci siano tante ripetizioni.


Mario Taller, ideatore e chiodatore della via.



La Pietra Grande: più che una montagna è una muraglia, che accompagna a oriente tutto l’altopiano del Grostè, congiungendosi alla vicina Cima della Vagliana, da noi già percorsa dal canale ovest in invernale, anche se non integralmente.
E’ la quinta scenografica di tutti gli sciatori che nella stagione propizia affollano le piste del Grostè: pochi di loro, probabilmente, ne conoscono il nome.

A noi invece ha sempre affascinato l’idea di percorrerne la cresta, eterna e bellissima, ma fino a poco tempo fa non sapevamo ci fosse una via che ne seguisse il profilo (ed in effetti non c’era!).

La linea che conduce all’attacco della cresta, lungo la ferrata dei fratelli Vidi

Poi, come spesso accade, il caso: conosciamo Mario durante la via Nella Detassis in Corna Rossa: lui guida alpina in cordata con una cliente, Erica sempre troppo lenta, a fare da tappo… fare amicizia è stato un attimo (ed anche uno stato di necessità!).
Mario Taller, esperta guida alpina di Folgarida, scopriremo in seguito essere l’ideatore ed il chiodatore della Cresta dell’Oreste (2014) che percorre la linea d’orizzonte che congiunge il Grostè con la Pietra Grande e la Cima della Vagliana.

Esattamente quella linea, quella che ci sarebbe piaciuto percorrere.
Non esistono ancora relazioni dettagliate in rete, abbiamo abusato della disponibilità di Mario chiedendo qualche informazione nel momento in cui si è aperta una finestra meteo – e lavorativa – che ci ha permesso di tentare la sorte: giunti in loco, dopo una mezz’oretta dall’attacco, vediamo un tizio che arriva da lontano spedito, a passo di ghepardo, da solo, senza corda né niente.

Ebbene, era Mario, il custode della Cresta dell’Oreste, passato a salutarci e a darci due dritte (grazie!). Splendida sorpresa, inaspettata, bellissima. Sempre il caso ha voluto che ci cogliesse in uno dei punti caratteristici del percorso, dove questo, per evitare difficoltà non congrue con il resto della via, attraversa una piccola grotta per sbucare sul versante opposto. Foto di rito e graditissime chiacchiere, un accenno a quanto siamo lenti (fatto inevitabile, visto che oggi Erica è prima di cordata), poi Mario torna a valle dai suoi clienti, lasciando a noi la Cresta dell’Oreste e la carica necessaria per affrontarla.

Noi con Mario che è gentilmente passato a farci un saluto e a darci due dritte riguardo la cresta

Alla fine la via è venuta via bene, in modo fluido e senza particolari difficoltà di orientamento. La chiodatura è davvero ottima e ci sono moltissimi ometti che vi possono guidare lungo il percorso (alcuni abbattuti, ma Mario passa spesso a tirarli su 😀 e un minimo speriamo di averlo aiutato anche noi col nostro passaggio). Certo, un po’ di intuito e di abitudine alle vie alpinistiche ci vuole, però non ci è sembrata una via in cui è facile perdersi. Basta prestare attenzione e avere un po’ di senso logico / di esperienza, in quanto il percorso tendenzialmente segue sempre la linea di cresta e quando se ne discosta un pochino, lo fa solo per rendere omogeneo il grado che deve rimanere attorno al II massimo, anche per questioni di rapidità di progressione.

Per comodità abbiamo suddiviso le foto in tre blocchi, così come i paragrafi descrittivi della via: vi si trovano raccontati per immagini i passaggi più significativi, oltre che scorci di Brenta da prospettive abbastanza inedite.

Avvicinamento

Raggiungere il rifugio Stoppani tramite gli impianti del Grosté (prezzo estivo per i due tronconi sola andata 13,20 € in questo 2019) oppure a piedi, pernottando al Graffer o allo Stoppani stesso.
Seguire quindi le indicazioni per la ferrata fratelli Vidi che aggira lo spigolo della Pietra Grande sul versante est e poi inizia a salire ripidamente per prati e roccette fino a giungere sotto una bocchetta erbosa. Proseguire in costa lungo il sentiero su una cengia e risalire poi per roccette e sentiero fino a guadagnare la cresta. Proseguire quindi sulla bellissima cresta per alcuni minuti fino a quando, in corrispondenza di un grosso ometto, il sentiero devia decisamente sul versante ovest e in leggera discesa (vedi foto). Abbandonare quindi il sentiero e salire invece dritti sulla cresta erbosa e a tratti rocciosa fino ad incontrare in breve la grossa targa metallica che segna l’inizio della via.

la targa che segna l’attacco della via

Descrizione della via

La via è stata aperta da Mario Taller nel novembre 2014 e presenta una chiodatura ottima e sicura a spit. Nonostante le difficoltà contenute, consigliamo comunque di affrontarla in conserva e sfruttando le varie protezioni offerte dall’apritore, questo soprattutto per il fatto che il terreno è sempre molto sfasciumoso e in alcuni casi la roccia si sgretola letteralmente sotto le proprie mani. Cercate quindi di usare bene i piedi utilizzando sempre gli appoggi più sicuri e più stabili.

Dall’attacco alla Pietra Grande

Si attacca con un breve traverso su roccia subito instabile (bisogna prenderci un po’ l’abitudine) fino ad una prima catena con eventuale anello di calata. Si può disarrampicare (presenti spit) oppure calarsi per qualche metro. Traversare poi sotto un torrione e riguadagnare in breve la cresta.

In breve si raggiunge una parete piuttosto verticale che sembra insormontabile per i gradi descritti nella via. Individuare quindi un buco nella roccia sulla sinistra (seguite gli spit, presente ometto) che rappresenta uno dei punti più scenografici e divertenti della via.

PICCOLO INCISO: in questo punto ci ha raggiunti Mario Taller che è passato a trovarci (GRANDE MARIO!!!) e ci ha regalato preziosi consigli per la parte successiva, oltre a farci alcune belle foto su questo passaggio che trovate nella gallery fotografica della prima parte.

Entrare nel buco e fare sicura al compagno su uno spit presente prima dell’uscita. Alzarsi per un metro circa sul lato opposto della montagna, proprio sopra al buco, sfruttando il diedro, e deviare poi in diagonale sinistra con passi divertenti raggiungendo un facile canale che va risalito fino poco sotto il filo di cresta. Attraversare quindi in orizzontale seguendo la linea degli spit fino a giungere in un punto esposto dove su una cengia che esce verso il vuoto è possibile individuare una catena da cui si effettuano le calate.

Erica impegnata nell’uscita oltre il buco della montagna. Uno dei passaggi più particolari della cresta

Ci sono 3 calate da 20mt circa ciascuna. Consigliamo di non fare una calata unica da 60 metri anche se avete due mezze da 60 a causa dei molti sfasciumi e per la difficoltà di individuare il corretto punto d’atterraggio.

Per la prima calata, seguire un canalino in leggera diagonale destra (faccia a monte) fino ad individuare la seconda catena alla sua base.
Nella seconda calata fare attenzione a NON SCENDERE nel canale sottostante, in quanto si finirebbe a picco nel vuoto. Gettare invece le corde leggermente a sinistra (sempre faccia a monte) seguendo una sorta di rampa rocciosa, alla base della quale si trova l’ultima catena.
La terza calata è invece più o meno sulla verticale e raggiunge la stretta forcella tra le due montagne.

Giunti alla forcella, arrampicare con facili passi prima sulla verticale, poi deviando leggermente a destra e infilandosi in un canalino che va risalito fino a raggiungere una grossa cengia sfasciumosa dove è presente una sosta. Da qui seguire la montagna in direzione destra fino a trovarsi alla base di una lunga rampa erbosa e sfasciumosa che riporta fino in cresta. Non abbiamo individuato esattamente il percorso corretto in quanto gli ometti erano spesso abbattuti. Abbiamo seguito la linea rocciosa di cresta stando leggermente alla sua destra fino in cima dove abbiamo ritrovato gli ometti in salute.

lo splendido panorama, poco prima di guadagnare la cresta che conduce alla Pietra Grande

Da qui inizia uno dei tratti più panoramici della via ed è possibile proseguire sul filo di cresta camminando per un lungo tratto, senza quasi mai necessità di proteggersi, fino ad arrivare alla base dello spigolo della Pietra Grande che si risale facilmente con qualche breve tratto di arrampicata fino in vetta.

Noi ci abbiamo messo 4 ore dall’attacco della via senza correre e proteggendo quasi sempre.

Dalla Pietra Grande alla Cima Vagliana

Si prosegue lungo la cresta che scende in direzione della Cima Vagliana, prima camminando e poi con qualche passaggino protetto, fino a raggiungere una sosta con anello di calata. Qui crediamo sia anche possibile disarrampicare ma essendoci la catena noi abbiamo preferito calarci per una ventina di metri.

Si prosegue sempre per facile discesa fino ad una seconda catena alla sommità di un canalino sfasciumoso. Allestire una seconda calata e scendere per una quindicina di metri nel canalino prestando molta attenzione ad un punto in cui si possono vedere degli spit sulla destra (faccia a monte), in corrispondenza di una stretta cengia che va poi attraversata in orizzontale con un passettino iniziale un po’ esposto (ma ben protetto) e poi per terreno più facile fino a giungere all’attacco dell’affilata cresta e dei gendarmi rocciosi che dividono la Pietra Grande dalla Cima Vagliana.

il traverso su cengia e i gendarmi che dividono la Pietra Grande dalla Cima Vagliana

Questo pezzo è uno dei più belli e panoramici della via. Ci sono punti esposti e qualche divertente passo di arrampicata.
La via non risale tutti i gendarmi ma li aggira per la maggior parte seguendo una linea logica e ben segnata dagli spit e da qualche ometto.

Quando la via si sposta sul versante nord-est si imbocca in salita uno stretto canalino (cercate gli spit) che va rimontato in arrampicata per qualche metro al suo interno cercando però di stare il più possibile fuori dal diedro in modo tale da non incastrarsi (se avete zaini grossi qui è un bel problema!). Si traversa poi un pezzettino in orizzontale e si scende per un secondo canalino, anche questo molto stretto (vale il discorso di prima anche se qui è più difficile stare all’esterno).

Si sbuca quindi su uno stretto camminatoio che in breve conduce alla base della rimonta che sale alla Cima Vagliana, che si guadagna facilmente e in breve per facili roccette miste ad erba.

Noi ci abbiamo messo 2h e 30 dalla Pietra Grande.

Discesa

La discesa è piuttosto rapida, a patto che ci si trovi a proprio agio su terreno sfasciumoso e sui ghiaioni.
Si scende imboccando la cresta che prosegue in discesa sul lato nord-est seguendo qualche ometto fino a raggiungere una gobbetta erbosa con evidente ometto.

Proseguire in cresta con alcuni passi di disarrampicata (eventualmente è presente qualche spit) seguendo sempre il filo fino a quando non si arriva ad un lungo scivolo su ghiaione che va seguito verso valle seguendo le tracce di passaggio e cercando i punti in cui il terreno è più adatto alla discesa.

Alla base dei ghiaioni, stando a sinistra e poco prima di raggiungere una selletta verde si individua il sentiero Costanzi segnato a bolli bianchi e rossi che obliqua a sinistra e procede in costa su un altro ghiaione che attraversa tutti i detriti proprio sotto la Pietra Grande passando di fianco ad un piccolo gendarme isolato.

l’attraversamento su ghiaione, passando accanto al piccolo gendarme isolato (a sx)

Si prosegue in costa fino a raggiungere un grande spallone erboso. Qui seguendo l’evidente sentiero ci si abbassa un po’ e si prosegue a ritroso in mezza costa fino al rifugio Graffer (2h dalla cima).

Se avete parcheggiato alla base degli impianti del Grosté, proseguite lungo la strada e poi per le piste da sci fino all’intermedio del Grosté. Quindi sempre lungo le piste, prendendo la pista più stretta sulla destra fino a raggiungere, dopo un paio di ripidi prati e tagliando infine per un sentierino segnato nel bosco, l’impianto della Vagliana.
Riprendere quindi la strada in discesa e sfruttando un paio di tagli erbosi fino a ritrovarsi sulla strada in parte asfaltata che sale alla malga Montagnoli. Seguire ancora in discesa fino a Campo Carlo Magno e infine agli impianti del Grosté (1h dal Graffer).

Giudizio

Si tratta di una delle più belle galoppate di cresta che abbiamo mai fatto sul Brenta, insieme al sentiero Costanzi. A differenza di quest’ultimo però, le difficoltà sono un po’ più elevate in quanto si tratta di una via alpinistica con tratti di arrampicata, resa a volte più difficile dalla bassa qualità della roccia che contraddistingue questa montagna.
Non fatevi però scoraggiare da questo dettaglio, in quanto il percorso merita come pochi altri e vi regalerà viste mozzafiato sulla val di Tovel ad est e sul Grosté ad ovest, oltre ad essere un punto privilegiato per fotografare l’intero gruppo del Brenta che si presenta nitido e bellissimo a poche centinaia di metri.
Lo consigliamo a man bassa a chi è già esperto di Brenta ed è abituato a muoversi sui terreni dolomitici fatti di sfasci, ghiaioni e passaggi esposti.
Per tutti gli altri, è meglio sicuramente farlo in compagnia di una guida preparata. E in questo caso, non possiamo che consigliarvi Mario, in quanto è l’apritore e vi saprà raccontare anche la storia di ogni singolo passaggio e le difficoltà che ha trovato nel realizzarlo e metterlo in sicurezza.

Se vi interessa farvi accompagnare da Mario su questa o altre interessanti via sul Brenta e dintorni potete contattarlo tramite la sua pagina Facebook o in alternativa chiedete a noi un suo contatto tramite l’apposito form. Trascorrere del tempo con un esperto conoscitore delle sue montagne, viverle insieme a lui / lei è un’esperienza che arricchisce l’anima: noi l’abbiamo fatto in Nepal ad esempio, anche se non era strettamente necessario, e non ce ne dimenticheremo mai.

A nostro parere la via nel suo insieme è bellissima. Da andarci di corsa, ma con preparazione adeguata perché il percorso è lungo e sempre di carattere alpinistico. Non bisogna mai distrarsi e c’è da muoversi parecchio spediti per arrivare in fondo prima del tramonto (soprattutto se salite con la funivia, che inspiegabilmente apre alle 8.30. Consigliato quindi dormire al Graffer, così da poter partire presto la mattina godendosi anche l’alba in quota).
Chapeux!!

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