Via Minima Immoralia (prima parte) – Zucco delle Marzoline, Alpi Apuane

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Forno (MS) – Via Minima Immoralia – arrampicata sportiva – Grado max 6a+ (5b nella prima parte della via) – Sviluppo 300m x 12 tiri – Quota 400 m s.l.m. – Esposizione S/E

Diciamo subito che questa via l’abbiamo scelta per il nome (un nome che è un viaggio da Theodor W. Adorno a Bandiera Bianca di Battiato… come si poteva dire di no!) tra alcune alternative che avevamo selezionato sulle Apuane, montagne meravigliose dove però, vista la distanza da Milano, andiamo solo quando abbiamo qualche giorno di vacanza.

Abbiamo fatto un errore di valutazione – fatale, anche perchè queste non sono le “nostre” zone – rispetto alle temperature, mentre ci abbiamo visto quasi giusto rispetto alla possibilità di abbandonare la via, limitandoci alla sua prima sezione: la ritirata non è proprio agevole 🙂 anche se possibile!

Rimandiamo al Giudizio a seguire per le considerazioni su questi temi, mentre alla fine approfittiamo anche per una rapida digressione a tema “cave abbandonate” (perchè se non siete di queste parti un giro lo meritano senz’altro, costituendo parte fondante del paesaggio alpino).

Chissà se riusciremo a completare questa benedetta via concatenando la seconda sezione, la più tosta e a vederla la più interessante, in un periodo in cui le temperature dovessero essere meno …immorali! Per il momento dobbiamo accontentarci delle prime 7 lunghezze, che ci hanno fatto sudare 😀 (e non per le difficoltà! …d’altronde siamo vicini ad un paese che si chiama Forno 😀 😀 😀 ).

Se vi capitasse di venire ad arrampicare da queste parti, consigliamo anche la via “spigolo di Fociomboli” al Monte Corchia che abbiamo fatto qualche anno fa e che ci era piaciuta moltissimo.

Avvicinamento automobilistico

Da Massa (MS) si seguono le indicazioni per Canevara prima e per Forno poi, lungo una stretta strada che attraversa una serie di piccoli borghi; superato Forno (dove la strada diventa strettissima) all’altezza di una casa in pietra con edicola votiva imboccare la strada che sale decisamente sulla sinistra e che punta alla ormai ben visibile cava di marmo.

Nei suoi pressi si raggiunge un tornante che piega deciso verso sinistra e dopo circa 350 m sulla destra della carreggiata si trovano 2 vasche da bagno, usate come abbeveratoio.
Poco oltre la strada si allarga, consentendo il parcheggio di qualche auto ai suoi margini.

Avvicinamento alla via

Tornando verso le vasche, poco prima di esse, sulla sinistra dalla carreggiata si stacca una traccia poco visibile e con un primo metro molto ripido: qui abbiamo incontrato il simpatico pastore che con i suoi cani governa un numeroso gregge di capre nella zona, la baracca che c’è poco oltre è la sua.

Dopo pochi metri si supera un canalino e subito dopo bisogna risalire per facili roccette fino ad un albero isolato, dove si ritrova una traccia più battuta (se si prosegue dritti, invece, si va a casa del pastore 😀 )

Recuperata l’esile traccia verso sinistra, seguirla nel bosco fino ad un ometto: subito dopo c’è una sorta di bivio, proseguendo dritti si dovrebbe raggiungere l’attacco.
Diciamo “si dovrebbe” perchè noi questo bivio ce lo siamo fumato, salendo qualche altro metro lungo la traccia e ritrovandoci così poco sopra la prima sosta, punto dal quale è comunque possibile attaccare la via. Cosa che abbiamo fatto perchè già avevamo iniziato a sudare 😀

Descrizione dei tiri della prima parte:

  1. 5a (10m) – La via attacca nella parte più bassa della placca. Noi ci siamo persi il bivio per l’attacco e ci siamo ritrovati subito a monte, quindi non siamo in grado di descrivervi questa lunghezza.
  2. 5a (50m) – Noi siamo partiti da un terrazzino erboso sopra al quale è evidente una sorta di rampa che sale in perfetta diagonale destra fino ad un diedro alto circa 2m.
    Se attaccate da qui, seguita la rampa in diagonale fino al primo spit sul diedro, poi verticalmente per placche piuttosto lavorate fino alla sosta alla destra di una rimonta più verticale.
  3. 4c (10m) – Salire il muretto verticale (più facile a dx) e seguire la placca in prossimità della vegetazione fino alla sosta.
  4. 5a (50m) – Seguire la bella placca in leggera diagonale destra con passi divertenti fino ad un cambio di pendenza. Proseguire per altri 10-15 metri fino alla sosta in un punto dove inizia la vegetazione.
  5. 5b (35m) – Traversare in diagonale destra qualche metro su erba fino alla parete successiva a balze. Risalirla con buoni appigli fino a superare una pianta, poi per divertente fessura verticale con passi tecnici e poi affrontare una rimontina leggermente strapiombante (più facile sulla destra).
    Spostarsi infine in diagonale sinistra con passi più facili fino in sosta.
  6. 4a (20m) – Dalla sosta spostarsi a sinistra o salire in diagonale facendo attenzione ad un po’ di vegetazione fino ad un primo spit, poi in verticale tra placca e una sorta di canale erboso fino alla sosta su terrazzo.
  7. 5b (30m) – Salire la lama diagonale fino al primo spit, poi rimonta più verticale con un passo più delicato e mal protetto. Aggirare quindi sulla sinistra lo sperone successivo e piegare infine a sinistra verso una pianta dove si può sostare.

Calata, circa 55 m: la sosta Raumer per la calata si trova sul versante opposto a quello di salita, e dopo i primi metri su terreno instabile, permette di scendere verticalmente sino alla base della parete, nel sottostante bosco.

Da qui parte una traccia che scende qualche metro sino alla placconata di destra su cui partono le successive lunghezze della via (spit ben visibili sulle due linee possibili di salita).

A questo punto, tempo di riprenderci dall’insolazione nella frescura del bosco, abbiamo deciso di tagliare la corda: la discesa che descriviamo, che può essere considerata una via di fuga, è quella che abbiamo percorso noi… ravanando parecchio!

Discesa/fuga dopo la prima parte:

Si segue una vaga traccia disagevole che scende ripidamente nel canale detritico; abbiamo cercato alternative, ma non le abbiamo trovate. Ad un certo punto il canale si infossa con un salto tra due placche, poco prima c’è un albero al centro e uno subito a destra sul quale, poco visibile, si trova una fettuccia con maglia rapida (verificare lo stato della fettuccia!!).

Con una doppia di 60 metri esatti si riescono a superare questo ed il successivo salto roccioso.

Subito sotto si ritrova la traccia dell’andata, che scende nel bosco riportandoci al grosso ometto visto in precedenza e successivamente alla strada.

Giudizio

Nel suo complesso la via consta di ben 12 tiri di lunghezza molto variabile, alcuni dei quali concatenabili, più una calata di 60 m che la divide in due sezioni: la prima parte che è quella qui descritta è la più facile, mentre sulla seconda parte ci sono due alternative, una più semplice di 5c ed una più strong fino al 6b… ahinoi non sperimentate!

La roccia è scisto scurissimo (da cui l’effetto fornace!) con una grana gripposissima, davvero molto bella anche se in alcuni punti risulta muschiata… ma la cosa non è mai fastidiosa.

L’arrampicata è divertente, in larga misura di aderenza ma non manca qualche rimontina per rendere più varia la via; chiodatura in alcuni punti bella lunga, ma sicura. Difficilmente integrabile, secondo noi.

Vista la quota, vista l’esposizione e il colore della roccia… vietato provarci quando fa troppo caldo! Noi ovviamente abbiamo fatto questo fatal error, ma certo non ci aspettavamo queste temperature africane già ai primi di giugno. Su tre cordate (già, perchè pare essere una via abbastanza frequentata) abbiamo tutti abbandonato dopo la prima parte causa liquefazione di mani e piedi!

Per quanto riguarda l’ambiente… beh, è molto particolare e merita una riflessione a parte.

Cuore di marmo: le cave e il paesaggio (digressioncina)

E’ impossibile non rimanere colpiti dal paesaggio che ci si trova davanti, facendo questa via o semplicemente percorrendo i sentieri e le strade che si incuneano nelle valli di queste montagne. Perchè il lavoro dell’uomo le ha letteralmente trasformate, modificate nella forma, rendendole uniche: le cave di marmo, abbandonate e in esercizio, erodono i fianchi delle montagne scavandoli in prismi giganteschi e abbacinanti, percepibili già da lunga distanza come un qualcosa di alieno.

Sospendendo per un attimo il giudizio, perchè il tema è assai complesso e questa non è certo la sede per discuterlo, siamo di fronte ad un ambiente con peculiarità uniche, plasmato da una tradizione antica.
Un paesaggio fortemente antropizzato che, in un modo forse perverso, ha anche il suo fascino e non manca di suggestione.

Durante questi giorni sulle Apuane, girovagando, ci siamo imbattuti per caso nella ex Cava Henraux, che si trova in zona Stazzema (si trova la sua posizione googlando, per la storia è possibile visitare il sito Luoghi Fantasma). Beh, è un posto davvero incredibile, che merita una visita: a partire dall’accesso alla cava, pazzesco, fino al suo cuore in cui le gigantesche pareti lisce e verticali sono coperte da opere di street art e murales anche recenti, dove si può vagare in lungo e in largo (facendo attenzione, perchè è una cava abbandonata e non ci sono percorsi “turistici” grazie al cielo).

C’è una strana poesia in questi luoghi, il consiglio è di farci un giro!

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2 risposte

  1. ALESSANDRO LANDI

    In effetti questa via è da evitare nei mesi estivi, addirittura io l’ho fatta anche a febbraio. Per quanto riguarda la via di fuga bisogna evitare il canalone pieno di rovi e salire in diagonale a sinistra guardando la montagna e si trovs un comodo sentiero che passa davanti ad un apicultore e sbuca sulla strada asfaltata qualche tornante sopra a dove si lascia la macchina. Peraltro da quel sentiero è possibile andare a fare direttamente la seconda parte della via che è quella più bella.

    • Gabriele Poggi

      Ciao Alessandro, grazie mille per le integrazioni!
      Saranno sicuramente utili a qualcuno.
      Buone scalate!

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