Via Desiderio Sofferto – un gioiello del Monte Cimo

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Brentino (VR) 137 m – Sass de Mesdì – Monte Cimo 570 m- Via Desiderio Sofferto – Arrampicata Sportiva – Difficoltà 6a (5c obbl.) – Protezioni da S1+ a S3 – Sviluppo 150m – Esposizione Sud-Est

Dopo la nostra prima esperienza a Castel Presina (via Evitando el Frio), siamo rimasti decisamente affascinati da questa zona che tutto sommato non è poi così lontana da casa nostra.

Settimana scorsa abbiamo deciso di prendercela comoda e rilassarci sulla via Pace senza confini a Tessari (via facile e piacevole); stavolta invece volevamo alzare un po’ l’asticella, puntando ad una delle pareti riconosciute tra le più belle della zona, sia per ambiente sia per qualità della roccia.

In effetti questo Monte Cimo ci ha riportati alle sensazioni di goduria estrema provate solo in Sardegna, con un calcare leggendario per di più sovrastato da mastodontici tetti che hanno contribuito con lunghi anni di gocce d’acqua cadute dall’alto, a creare una delle più belle placche sulle quali abbiamo mai avuto l’onore di mettere le zampe, fatta di infiniti buchi e gocce meravigliose, di una ruvidità incredibile.

La presenza dei grandi tetti inoltre, crea un’atmosfera decisamente “di montagna” e incute il giusto timore reverenziale.
Il tutto poi viene accentuato dal fatto che questa via, aperta nel 1983 da Sergio Coltri, Carlo Laiti, Bepo Zanini, presenta la tipica chiodatura di quell’epoca, ovvero poche ed essenziali piastrine artigianali, talvolta a distanze siderali l’una dall’altra (run out di 6-8-10 metri senza protezioni e difficilmente integrabili).

Siamo stati al gioco e ci abbiamo provato, almeno fino a quando, al terzo tiro, ci siamo trovati di fronte ad un punto in cui la protezione successiva era parecchio distante (circa 6-7 m a occhio) e con passaggi che non sembravano banali, per quanto fattibilissimi.

Dopo lunga indecisione ha prevalso l’istinto di conservazione: volare per 13-14 metri su placca con questa conformazione non dev’essere una sensazione simpatica, motivo per il quale abbiamo preferito scendere, pur con grande rammarico.

E’ un peccato dover per forza rischiare di farsi male volendo ripercorrere una via di carattere sportivo, e pur capendo che questo genere di chiodatura è stata la prassi di quell’epoca, ad oggi basterebbe integrare minimamente la via sui run out più lunghi per garantirne la sicurezza, senza per questo pregiudicarne la bellezza: la possibilità di cadere, infatti, esiste anche sul facile e può non dipendere solo dalle proprie capacità. Fosse semplice da integrare con protezioni veloci il discorso sarebbe diverso.

Venderla come S1 – come abbiamo letto da più parti – ci sembra irragionevole.

Per tutte le altre informazioni, vedere il giudizio al termine dell’articolo.

Avvicinamento

Raggiunto il paese di Brentino, si parcheggia lungo la strada principale appena a monte del cimitero (ampio spiazzo per diverse macchine). Salire poi verso l’ingresso del cimitero, aggirarlo a sinistra e seguire le vigne in direzione sud fino al loro termine, quindi imboccare una stradina / sentiero che sale verso ovest in direzione della montagna.

Nel breve il sentiero si stringe e inizia a salire dritto per dritto lungo il fianco della montagna (seguire sempre i bolli gialli su alberi e rocce).

A un certo punto si esce dal bosco traversando a sinistra dove si trovano subito degli ometti che invitano a salire per roccette alla propria destra (bolli gialli, salita molto ripida con tratti rocciosi. Portare scarpe decenti :P).

Superate le rocce, troverete delle corde fisse su qualche passaggio più esposto, quindi dopo alcuni minuti, si raggiunge un punto nel bosco dove a sinistra si vede una parete rocciosa aggettante con una specie di sentiero che la attraversa.
Se siete arrivati qui, scendete qualche metro e ritroverete i bolli che traversano invece verso nord (a destra faccia a monte) e che permettono di aggirare la parete rocciosa sovrastante con un passaggio attrezzato con corde.

Quindi giunti a monte del punto roccioso si incontra un altro sentiero (scritta Raccordo su roccia) dove si segue a sinistra traversando con diversi su e giù per alcune centinaia di metri fino a raggiungere la placca sovrastata dai tetti giganti e con i numeri 4-5-6-7 e le scritte gialle con i nomi delle vie.

Desiderio Sofferto è indicata dal numero 6 e parte tutto a sinistra della placca, appena sotto ad una roccia leggermente aggettante (con un dado incastrato sotto) ed è protetta da piastrine artigianali di colore blu, con ogni tanto qualche spit più nuovo lungo il percorso.

Descrizione dei tiri

  1. 4c/5a (40m) – Si attacca appena a sinistra della scritta gialla puntando ad una roccia leggermente aggettante sotto alla quale c’è un dado incastrato.
    Proseguire poi in placca con rade protezioni (e quando dico rade, intendo RADE), soprattutto l’uscita verso la sosta che regala tipo 10 m senza spit, ma su terreno facile e roccia stupenda.
  2. 5b (30m) – Bel tiro che parte più o meno in verticale dalla sosta (bisogna seguire le piastrine blu), poi si inizia a traversare a destra risalendo con un passo più duro ma ben protetto una placca più verticale.
    Continuare in leggero traverso (più facile e ben protetto) fino alla sosta.
  3. 5c+/6a (50m) – Il tiro parte bene, su roccia ottima e con le piastrine a distanza “umana”, poi però raggiunta la seconda protezione c’è un salto di circa 6-7 metri che si capisce non sia poi così difficile, detto questo la distanza tra le piastrine rimane, e un’eventuale caduta può causare gravi danni, motivo per il quale dopo lunga valutazione abbiamo deciso di desistere, pur consci che le difficoltà non fossero estreme.
    Valutate voi in base al vostro pelo e alla vostra serenità sul grado.
    Probabilmente il passo è proteggibile con un friend piccolo circa a metà, ma non avendo provato non garantiamo.
    Successivamente (riportiamo da altre relazioni) salire un impegnativo muro giallo per poi traversare difficilmente verso destra fino alla sosta.
  4. 6a/5c (35m) – Vincere un piccolo strapiombo sulla destra della sosta, seguire una lama e lo spigolo fino ad un terrazzino, quindi per placca verticale uscendo in sosta sulla sinistra.
Il nostro commento durante la scalata

Discesa

Noi non siamo arrivati in cima, ma crediamo ci sia anche un sentiero percorribile a piedi dalla sommità.
Detto questo, visto il numero esiguo di tiri e la verticalità della parete, le calate si fanno molto rapidamente.

Poi ripercorrere lo stesso sentiero dell’andata.

Giudizio

Parere di Gabriele: ormai è raro rimanere folgorati sulla via di Damasco quando si scala, eppure devo dire che in questo posto a me è successo! 😉
Vi garantisco che ci ho lasciato un pezzo di cuore, sia per l’ambiente superbo sia per la qualità della roccia.

Abbiamo fatto solo 2 tiri e 1/3 su 4, ma già questo è bastato ad alimentare l’entusiasmo, consapevoli che il meglio doveva (probabilmente) ancora venire.

L’esposizione è sud-est, ma almeno in questa stagione (fine autunno) la via rimane al sole solo per poche ore la mattina, per poi venire oscurata dai grandi tetti e dalla parete laterale, cosa che crea un discreto frescolino coadiuvato dal vento (detto in altre parole, alla sosta del secondo tiro stavamo morendo di freddo!).
Magari si sta meglio in primavera con temperature più miti.

Sulla roccia mi pare non ci sia altro da aggiungere: uno spettacolo della natura! 😀
Ottimi buchi e lame per le mani e piedi sempre ruvidi…..impossibile chiedere di più!

Per quanto riguarda la possibilità di integrare, c’è qualche rarissima fessura qua e là, anche se la roccia di suo poco si presta.
Noi non ne abbiamo usate ad esempio, ma magari nei tiri che non abbiamo fatto possono essere utili.
Nel caso direi qualche friend medio/piccolo o dadi.
E portate scarpe di qualità perché l’avvicinamento e la discesa non sono sempre simpatici.

A nostro avviso le difficoltà proposte sono assolutamente congrue rispetto al grado effettivo.
Solo che con questa chiodatura, non si tratta di una via adatta a chi il grado lo domina con poco margine, di conseguenza va detto che per ripeterla bisogna padroneggiare qualche grado in più per poi essere sereni nell’affrontare lunghi tratti senza protezioni.

Sicuramente presto o tardi torneremo a ripeterla o magari tenteremo qualcosa di più duro ma un po’ più protetto (Il ladro di Baghdad o la via del Babo + Capitani Coraggiosi ad esempio).
Detto questo chissà che questa via un giorno venga attrezzata un pochino meglio, in modo da renderla più sicura alla progressione (come sul secondo tiro ad esempio!) che garantirebbero cadute innocue.

Volare per tanti metri su placca appoggiata e ruvida ha delle conseguenze e risulta un po’ incomprensibile ad oggi mantenere questo genere di chiodatura su vie sportive facili, a meno che l’obiettivo non sia quello di tenere lontana la gente!
Nel qual caso allora, l’obiettivo direi che è abbastanza centrato 😛 (ma non lo condividiamo, onestamente).

Poi sappiamo bene che entrare nel discorso chiodatura è un vespaio senza via di uscita, ad ogni modo noi diciamo la nostra.
Qualcuno concorderà, altri storceranno il naso.
Facciamo solo presente che in teoria, siamo tutti in giro per divertirci!! 😉

Buone scalate!!

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