Pizzo Rachele – Cresta Nord Nord Est – 10 anni dopo ;)

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CHIAREGGIO, CHIESA IN VALMALENCO (SO) 1.612 m s.l.m. – PIZZO RACHELE 2.998 m s.l.m. – Alpinismo – Difficoltà PD+ – Arrampicata Max III+ – Dislivello positivo +1.400 m – Esposizione: Nord prevalente

E.: “Rachele, Cassandra… perché ai piedi del Disgrazia le montagne portano nomi di donne?
G.: “In questo contesto non saprei, ma in genere è perché il 95% delle vie e delle cime sono state salite in primis da uomini e circa il 15-20% di queste, hanno nomi dedicati a donne che in quel momento donavano loro ispirazione.
Niente di nuovo sotto al sole 😉

Sono gli ultimi weekend di estate piena e galoppiamo rapidamente verso la stagione autunnale: decidiamo di approfittare delle giornate lunghe per ri-provare una cima che 10 anni fa avevamo tentato a ottobre, periodo in cui era già bella che innevata, il Piz Rachele.
Allora avevamo rinunciato perchè non c’erano le condizioni: troppa neve fresca e inconsistente.

Queste sono giusto tre foto di allora e di ora, per rendere l’idea 😉

Siamo sicuramente e consapevolmente meno allenati di allora, ma quantomento abbiamo a disposizione più ore di luce e, ovviamente, niente neve 😉

Nonostante la partenza con un’ora di ritardo causa pioggia mattutina e un po’ di pesantezza nelle gambe andiamo su bene e ci becchiamo una giornata fantastica, con sole e praticamente niente vento, cielo limpido e panorama super. E una delle ragioni per venire qui è sicuramente la vista: dal vicino Ghiacciaio del Ventina al Monte Disgrazia al Pizzo Cassandra, fino a raggiungere con lo sguardo il Gruppo del Bernina, fantastico è dire poco.

Poi sulla cima troverete “solo” una piccola croce di legno un po’ piegata dalle intemperie, ma il viaggio vale la fatica, che si fa sentire soprattutto sul maledetto ghiaione fino alla bocchetta 😉 La parte alpinistica al confronto è plaisir.

Nel giudizio troverete il resto!

Avvicinamento

Si parcheggia in uno dei posti disponibili a Chiareggio paese, alcuni con strisce bianche, altri con strisce blu e relativo totem per il pagamento.
La disponibilità dipende dalla stagione e dall’orario di arrivo. Noi in questo caso non abbiamo avuto problemi e abbiamo trovato posto sulle strisce bianche anche alle 8:30 del mattino.

Dal centro del paese, si scende al torrente tramite una rampa che conduce al fiume e al relativo ponte, oltre il quale partono i sentieri con indicazione verso i rifugi Gerli-Porro e Ventina.

Si segue il sentiero che prima dolcemente e poi più ripidamente, dispiegandosi nel bosco di conifere, conduce al rifugio Gerli-Porro (circa 50 min da Chiareggio), si prosegue poi sul pianoro della valle del Ventina passando accanto all’omonimo rifugio e in seguito attraverso vari rigagnoli del torrente, coperti durante la stagione fredda.

Già a partire dal rifugio Gerli-Porro, la cima del Pizzo Rachele diventa ben visibile, dritta di fronte, ma appare più vicina di quello che è: praticamente un miraggio 😀

Al termine della piana si trova poi un bivio e si prende a sinistra con direzione Passo del Ventina, risalendo le pendici della morena fino al primo risalto, punto in cui appare evidente la traccia sul lungo ghiaione che porta al passo.

Si risale faticosamente sul ghiaione con numerosi zig zag fino ad arrivare ad una conca dove anche d’estate si trova spesso neve.
Gli ultimi 300 metri verso il passo saranno ancora più ripidi e partono sulla destra della conca (se c’è il nevaio è probabile perdere i bolli).

Giunti al passo (2.675 m s.l.m.) si cambia assetto, ci si prepara per la parte alpinistica indossando l’imbrago e se opportuno, si prepara la cordata: guardando dalla parte opposta del valico è facile scorgere il primo specchio d’acqua blu intenso dei tre che formano i Laghetti di Sassersa.

Descrizione della cresta

D’apprima si sale sulla verticale per facili roccette seguendo sempre i bolli rossi ed eventuali ometti.
Quasi immediatamente ci si sposta verso sinistra (sud) per aggirare alcune rocce per poi proseguire verso monte sul versante meridionale fino ad incontrare la prima bastionata rocciosa.

Si inizia con una placchetta verticale ben ammanigliata con piccoli piedi, poi ci si sposta a sinistra e si entra in un breve caminetto uscendo così sulla cima di un piccolo torrione.

Da lì si scende ad un intaglio e si risale dalla parte opposta fino ad incontrare il passo “chiave”: un sasso incastrato che obbliga ad un movimento su strapiombo con mani alte e pochi piedi.
Volendo sono presenti dei cordini utili per azzerare il passaggio ma prima di tirarli, testateli per bene che non si sa mai 😉

Quindi ancora a sinistra qualche metro per aggirare delle placche che si risalgono tramite una spaccatura diagonale da sinistra verso destra (sulla sommità della placca sono presenti altri cordini per eventuale calata di discesa).

Tutti questi passaggi sono ascrivibili al III grado massimo, fatta eccezione per il passo di “strapiombo” che è un po’ morfologico, ma con i cordini in condizione è in parte azzerabile.

Si prosegue per sfasci e roccette sempre seguendo i bolli e gli ometti fino a due evidenti “menhir” che vanno aggirati sempre a sud (sinistra), sbucando così sull’ultima rampa.

Quindi sempre per sfasci fino in prossimità dell’evidente parete che delimita l’anticima.
La si aggira salendo su ghiaione ancora una volta a sud fino a quando la parete mostra la sua debolezza.

Subito sopra si vede una placca, alla destra della quale è possibile salire tramite una spaccatura e in seguito su dei comodi gradoni. Questa è sicuramente la linea più facile.

Noi invece ci siamo fatti ingannare da un ometto che stava più a destra e che portava ad un evidente diedro. Se decideste di salire il diedro, consigliamo di uscire dritti con passi più verticali superando un masso incastrato perché l’uscita a sinistra su placca appoggiata è sporca e pericolosa.

Una volta fuori, prendere la sinistra della spalla rocciosa sovrastante, dove si trova un primo passo esposto che butta un po’ in fuori (state all’esterno con i piedi) e subito dopo c’è un attraversamento sopra ad un canalino che a nostro avviso era pericoloso.
Lo abbiamo aggirato salendo per due metri a destra e scendendo poi dal lato opposto dove si trova una rampa più semplice che conduce all’anticima.

Da qui, per percorso logico e non troppo complesso, si scende e si sale due volte fino a raggiungere il grande ometto di vetta con la piccola croce di legno (storta, poveretta!)

Discesa

Per lo stesso percorso dell’andata ma con la possibilità di calarsi nei punti più pericolosi, ovvero da sopra all’anticima fino alla rampa di sfasci, volendo nel pezzettino che offre la fessura laterale per superare le placche (evitabile) e subito dopo per scendere dal pezzettino strapiombante.

Buona norma è verificare sempre il materiale in loco, i cordini e i maillon: nel caso non godessero di buona salute, sostituiteli!

Per il resto si disarrampica ma senza grossi patemi o difficoltà.

Giudizio

Bellissima salita alpinistica affrontabile in giornata e di grande godimento, soprattutto per il panorama.

Sono “solo” 1.400 metri di dislivello positivo, ma una volta raggiunto il Passo Ventina e nonostante poi la cresta sia più lunga di quello che si immagini (come sempre!) il grosso della fatica lo si è lasciato alle spalle: questo perchè i 300 metri successivi, essendo un mix di facile arrampicata, roccette e qualche ghiaione, vanno via molto velocemente.

Se non si sbaglia percorso non si supera mai il III, III+ , si può quindi procedere a seconda delle proprie capacità e delle sensazioni del momento anche slegati (noi abbiamo fatto così, a parte un unico passaggio in cui forse ci siamo anche complicati la vita); 30 metri di corda comunque è sempre meglio averli, anche perchè in discesa in alcuni punti è più pratico e sicuro effettuare brevi calate. C’è già materiale in loco da cui calarsi, che va però verificato e nel caso integrato.

La cresta presenta spesso sfasciumi e cenge di rocce rotte a cui prestare attenzione, ma la roccia, dove c’è da arrampicare, è molto buona.

Fino a 3/4 ci sono segni rossi e ometti piuttosto evidenti sia in salita sia in discesa, poi sotto la bastionata finale si perdono un po’ ed è possibile sbagliare… a noi è successo, ma tutto sommato il percorso alternativo era assolutamente fattibile (ed anche praticato da altri visto che abbiamo trovato cordoni e maillon di calata 😉 ).

Difficilmente troverete ressa su questa salita, cosa che la rende per noi ancora più godibile!

Merita molto la vista dalla cresta, in cui si abbraccia con lo sguardo sia ciò che resta del ghiacciaio da una parte sia i bei laghetti della Val Sassersa dall’altra.

Disclaimer

Attenzione: Le attività che si svolgono in montagna quali alpinismo, arrampicata, scialpinismo, ma anche il semplice escursionismo possono essere potenzialmente pericolose: la valutazione del rischio spetta alla responsabilità di ognuno singolarmente, in base alle proprie condizioni psico-fisiche e alle condizioni ambientali. Relazioni e descrizioni all'interno del blog sono frutto della nostra personale esperienza, possono contenere imprecisioni nonostante la nostra attenzione; le foto e i video possono essere utilizzati esternamente solo a fronte di richiesta e autorizzazione scritta.

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