Indonesia: FOCUS Isola di Giava
Qui trovate la parte relativa alle info generali sul viaggio, cosa c’è piaciuto e cosa meno
Qui trovate la parte relativa a Bali e Nusa Penida (più sotto che sopra)
In questa parte di mondo non c’eravamo mai stati, nemmeno lontanamente. E dunque eccoci qui o meglio là.
Qui vi raccontiamo nello specifico cosa abbiamo fatto e visto nell’Isola di Java! L’inizio del nostro viaggio.
IL VIAGGIO
Giava
L’isola di Giava è grande assai.
A noi è piaciuta moltissimo e rispetto al resto l’abbiamo trovata molto più autentica e rilassante. Non che non ci sia turismo, c’è eccome, soprattutto vicino agli hotspot principali. Però, ad esempio, Yogyakarta – Jojia per gli amici e i ggggiovani – è una città davvero bella, verace, piena di spunti, con persone con le quali puoi entrare in relazione senza che ti vedano come un bancomat che cammina. La gente è ancora incuriosita da te come tu lo sei da loro: e le persone sono cordiali e premurose, ospitali. I bambini salutano per strada solo per il gusto d’essere ricambiati. Gli anziani fanno chiacchiera volentieri, raccontano aneddoti in un inglese non sempre chiarissimo ma comprensibile.
Giava come tutta l’Indonesia ad eccezione di Bali è a prevalenza musulmana. L’indonesia, che è una democrazia e ha festaggiato l’anniversario dell’indipendenza proprio ora, il 17 agosto 2025, ha la più numerosa popolazione musulmana (sunnita) al mondo e questa cosa si sente: il richiamo alla preghiera si innalza dalle innumerevoli moschee forte e chiaro cinque volte al giorno, con un canto molto diverso da quello più melodico e costruito che si ascolta nei paesi arabi, sembra più una supplica. Sappiamo che nel 2024 c’è stato un cambio al governo e nella politica indonesiana, anche per quanto riguarda l’interpretazione religiosa, ma non ne abbiamo compreso appieno la natura.
Quello che ci è stato subito chiaro è che a Giava non è facile comprare alcolici (se non negli alberghi internazionali o in alcuni locali, o in supermercati dedicati) mentre a Bali vige – per fortuna! – una totale libertà.
A Giava è difficile reperire intimo o costumi da bagno che non rispettino le regole islamiche, mentre a Bali si trovano perizoma e bikini. Tuttavia a Giava non ci siamo mai e poi mai sentiti in nessun modo esaminati o fuori luogo (la scrivente è una donna che girava senza reggiseno, seppur normalmente coperta per un paese con temperature superiori ai 25°): le donne guidano, lavorano, s’interfacciano con il pubblico, alcune portano l’Hijab e altre i calzoni corti.
Ci auguriamo resti così, un esempio di tolleranza nella diversità.
Yogyakarta
Merita d’essere vissuta, con gli slum che hanno trovato una sorta di rivincita nella streetart (bellissimo camminare lungo il Code River, Kampung Code – Kampung significa “villaggio”); non abbiate paura, le persone sono amichevoli e curiose.
La parte attorno alla città invece, la periferia e l’immediata campagna, è un brulicare di mercati tradizionali con vendita di bestiame e lotte di galli, borghi dove si svolgono lavori antichi come la fabbricazione di mattoni e di chips, risaie ovviamente, pelletterie (abbiamo girato la parte sud in bici).
Cycling Tour per i suburbs di Yogyakarta: un laboratorio di arti e mestieri!
E poi, a non molti chilometri dalla città ci sono due perle:
- Borobudur, frutto della golden age del buddismo (si perchè l’Indonesia è stata anche culla di questa civiltà) il più grande tempio buddista del mondo e patrimonio mondiale dell’UNESCO risalalente all’800 d. C.: è una sorta di mandala architettonico, piano dopo piano fino all’illuminazione! Impossibile accedervi senza guida prenotata, ciabatte di ordinanza e quant’altro, tutto fornito da loro… questo un po’ stressante, ma ne vale la pena.
I biglietti per Borobudur vanno prenotati con mesi di anticipo: consigliamo il sito ufficiale indonesiano.
Borobudur e dintorni: cosa stesse succedendo nelle ultime immagini non lo abbiamo capito, quel che è certo è che i costumi erano a dir poco… particolari!
- Prambanan frutto della golden age dell’induismo (si perchè l’Indonesia è stata anche culla di questa civiltà) un complesso GIGANTESCO di templi induisti e patrimonio mondiale dell’UNESCO risalalente all’850 d. C., con il vicino e forse ancora più bel tempio di Sewu, questo invece buddista. I complessi architettonici si possono visitare nella medesima sessione, basta camminare a piedi nel verdeggiante parco. Se siete pigrissimi è possibile noleggiare un motorino. Conviene comunque prenotare prima la visita, anche in questo caso, consigliamo il sito ufficiale indonesiano.
Prambanan e Candi Sewu: induismo e buddismo, un grande parco in cui camminare
Se potete assistete al Rāmāyaṇa: poema sacro, teatro e balletto, narra la storia del principe Rama e della sua bella Sita (oddio… nelle rappresentazioni pittoriche non proprio bellissima), anche se i personaggi più interessanti sono l’antagonista Ravana, un demone, e il capo dell’esercito delle scimmie Hanuman. Anche se non siete appassionati del genere se gli attori sono bravi ne vale la pena.
Qui di fianco il momento il cui un pallido Rama poco più che adolescente tenta di inforcare il più focoso e sanguigno Ravana 🙂
Sempre a Jojia city:
Kraton Palace, ove vive – chiaramente in alloggi privati limitrofi – il sultano vivente. Se non siete appassionati di architettura e ceramiche è qualcosa che si può anche tralasciare. Il sultano attuale ha solo figlie femmine e una moglie, avendo deciso di non praticare la poligamia, quindi siamo prossimi a vedere qualcosa di molto simile ad una regina. Forse.
Taman Sari, il Castello d’acqua ovvero un luogo di divertimento e relax per i sultani (e tutte le loro concubine) oggi diventato un posto romantico per le dichiarazioni d’amore delle giovani coppie locali. Effettivamente è suggestivo, soprattutto è divertente esplorare le rovine. Pare che gli annessi, ovvero i quartieri limitrofi costruiti una casa sull’altra, dovranno essere acquistati e rasi al suolo nel prossimo futuro. Prossimo futuro che potrebbe non essere poi così prossimo, stando a quando ci hanno raccontato i local sorridendo.
Kotagede, la parte più antica di Jojia e la fu capitale del Sultanato di Mataram, ove si trova il cimitero reale che è visitabile solo vestendo gli abiti tradizionali, regola che vale sia per i maschi sia per le femmine, ovvero i sarong. Ve li affitteranno sul posto, vestendovi loro perchè indossarli in maniera corretta non è facile. Sarà necessaria una donazione, e sinceramente il cimitero (che non è fotografabile) è la parte meno interessante… sarà più divertente vedere i vostri compagni di viaggio – maschi soprattutto – abbigliati con le vesti tradizionali 😛
Eh niente… nonostante le silouette femminili in genere non traggano di molto giovamento dal sarong a meno di non pesare 30 kg, quelle maschili lo subiscono molto ma molto di più!
Il Kris, arma leggendaria
Ci siamo imbattuti per la prima volta nel kris, iconico pugnale dalla lama ondulata, presso il Kraton Palace: ogni guardia reale ne porta uno e pare non sia un feticcio, ma un’arma vera perfettamente affilata.
Ma il suo significato spirituale ce l’ha spiegato il nostro driver Amrie: pare che il kris abbia un’anima – o uno spirito – e quest’anima debba essere affine a chi lo porta (generalmente si tramanda di generazione in generazione); sia il kris sia il portatore possono sentire o meno questa affinità, e se non c’è affinità accadono disastri karmici. Per questo un kris tramandato, se non lo si “sente” affine, puo’ essere rifiutato (ma non può essere donato ad altri, e meno che mai venduto).
I kris che non hanno trovato anima affine vengono affidati alle acque del fiume o del mare e presumibilmente troveranno il modo di tornare quando incontreranno il loro match: sono sostanzialmente considerati un qualcosa di vivo.
Avete presente Dune, capolavoro di Frank Herbert poi trasposto in varie versioni cinematografiche? Ecco, è impossibile non pensare che l’iconografia del Kris Knife di Dune non arrivi in qualche modo da qui!
Da Yogyakarta a Malang: Giava orientale
altro piccolo esempio di rivincita sociale, sembra: in Malang esiste il Villaggio colorato (KampungTridi), ovvero una delle aree più depresse della città trasformata da un’iniziativa studentesca in esperimento sociale e infine in attrattiva turistica… e il Villagio Blu, che visto l’enorme successo del primo ne ha seguito le orme. Solo che il villaggio blu (Kampung Biru Arema) è blu in onore della squadra di calcio locale, ogni mondo è paese 😉 Arema, il nome del football team, significa Are = i ragazzi + Ma = di Malang
I due distretti sono separati dal fiume e collegati da ponti, quindi si possono visitare in una botta sola.
A Malang abbiamo fatto anche il classico giro del Bird Market… si perchè qui gli uccellini sono i pets principali, si trovano dappertutto nelle loro gabbiette. Solo alcuni di essi sono destinati al combattimento, gli altri vengono considerati animali da compagnia. C’è di tutto, abbiamo anche visto dei barbagianni: sinceramente ti si stringe il cuore, perchè dal punto di vista della cura e del rispetto dell’animale c’è ancora tanto tanto da fare.
A spasso per Malang, dove con i colori si son fatti prendere la mano (vedere i poveri pulcini!)
E poi… basta città! A Giava c’è una natura particolarissima, che merita d’essere esplorata 😀
Le Cascate e le Grotte: immersione tropicale a Tumpak Sewu e Goa Tetes
Le cascate di Tumpak Sewu sono indiscutibilmente belle, soprattutto dall’alto (ma se siete stati in Islanda ad esempio vi sembreranno non troppo maestose) e per scendere bisogna intraprendere un percorso attrezzato piuttosto scivoloso e verticale. Cosa che si rivela particolarmente ostica visto che la gente, giovani e giovanissimi compresi, sembra aver dimenticato le regole base della deambulazione tipo “metti un piede davanti all’altro“. Inquietante… Ci si mette tanto tempo soprattutto per questa ragione.
Una volta giù si possono raggiungere le cascate dal basso (spruzzati dall’acqua, consigliamo abbigliamento adeguato e un coprizaino), ma la parte più bella e divertente è raggiungere la grotta di Goa Tetes: un vero percorso tropicale alla Indiana Jones, perennemente con i piedi – e non solo – in acqua!
La grotta è un gioiello: dentro sembra di stare in un altro mondo, solo che per arrivarci bisogna fare il bagno, letteralmente.
Per risalire si può proseguire dalla grotta e fare un anello. Meno affollato che percorrere il sentiero a ritroso sicuramente! Per raggiungere la grotta inoltre vi verrà chiesto un balzello di poche rupie, ovviamente in contanti.
Tarzan e Cita si sono divertiti moltissimo qui: portatevi vestiti asciutti!!!
Vulcano Bromo all’alba e attraversamento della caldera a ciegas
La nostra prossima tappa, raggunta dopo le cascate direttamente in giornata, è Ngadisari, la porta per il mini trekking sul Vulcano Bromo (2.392 metri s.l.m.): mini trekking che decideremo di fare come pare a noi, ignorando le “modalità convenzionali” e consigliate 😉
Tutto nasce da una catena di avvenimenti, ultimo quello che ci porterà a scoprire che l’homestay prenotato con largo anticipo su Booking (e pagato) non esiste. Un tizio non meglio identificato con una certa fretta ci caricherà sul motorino portandoci in un’altra sistemazione vicina – dove ovviamente erano ignari del nostro arrivo – ai limiti dello spartano (e fidatevi… noi siamo moooooooolto spartani!). Dicono che questa cosa sulle montagne succeda spesso, d’altronde qui non siamo a Bali. Sta di fatto che di alzarci alle 4 del mattino come da programma a questo punto non ne avevamo voglia.
Abbiamo fatto a modo nostro, ignorando il “punto panoramico” deputato per vedere l’alba e puntando direttamente al vulcano, a piedi: abbiamo attraversanto la caldera del Bromo con le frontali e con il gps come unica guida, sì perchè lì di notte, sotto la coltre di nubi, non si vede assolutamente nulla. Esperienza surreale.
Saremo i soli turisti a fare sta cazzata, ovviamente.
Ce l’abbiamo fatta in tempo per vedere l’alba dalla cima, con soffici nuvole ai nostri piedi che abbiamo visto colorarsi mano a mano che il sole sorgeva; accanto, il vulcano in intensa attività: il fumo che saliva dalla sua bocca si è anch’esso colorato di giallo e di arancione, uno spettacolo meraviglioso. Di vulcani attivi tra Giappone e Islanda (e Italia, non dimentichiamoci l’Etna che è una montagna di tutto rispetto) ne abbiamo già collezionati un po’ ma questa esperienza è stata davvero bella, anche se non paragonabile all’eruzione islandese vista dal vivo 😉
Rientro per la via dell’andata, ancora alla cieca nella caldera. Non c’è nulla da fare: a noi piace fare le cose come ci vengono, senza per forza calcare i sentieri battuti. Ci sono modi più facili: già nella cittadina vi proporranno jeep, motorini e cavalli per raggiungere la base del vulcano.
Verso Ijen Crater e le fiamme blu: on the road tra piantagioni di tabacco e caffè
Il viaggio verso Ijen Crater è parecchio lungo a discapito dei chilometri, come tutti gli spostamenti in Indonesia. Però il territorio che si attraversa è interessante; in montagna abbiamo scoperto cos’è esattamente il Kopi Luwak (poi avremo anche modo di assaggiarlo) ovvero la pregiatissima varietà di caffè nata dalle deiezioni del luwak, sì avete capito bene: dalla cacca di una bestiola a metà tra un procione e un gatto.
Pernottiamo ancora una volta “alla spartana” a Banyuwangi: il vantaggio di questo posto è che praticamente il trekking per l’Ijen comincia da qui. Ed è un bel vantaggio, visto che si attacca alle 2 di notte! O pernotti qui o praticamente non dormi. A Banyuwangi c’è veramente poco anche per mangiare: sapevatelo.
Perchè alle 2 am, direte voi, non è un po’ prestino?
Il problema è sempre la scarsa capacità di deambulazione delle persone. Le “fiamme blu” si possono osservare solo con il buio e il sentiero per raggiungerle, prima in ripida salita, si trasforma poi in una specie di ferrata in discesa a percorso obbligato. Immaginate un numero importante di persone con le frontali, che scendono sui gradoni con la stessa lentezza di un luwak che si gusta un chicco di caffè… Fortunatamente nonostante l’anzianità noi non avremo problemi a doppiare le comitive, anche scegliendo percorsi alternativi.
Le fiamme blu – Api Biru – sono frutto della combustione dei gas solforici e sono effettivamente blu fosforescente, molto belle da vedere: sembra lava ma è fuoco che danza con una consistenza quasi liquida. Qui è meglio indossare una maschera antigas, noleggiabile all’inizio dell’escursione. La risalita non è meno problematica della discesa perchè i flussi di gente che non deambula si incrociano, ma riusciremo comunque a goderci l’alba dalla cima del cratere: la caldera sottostante è occupata da un grande lago azzurro, che solo con la luce del sole si palesa… molto bello.
E poi si scende. I pigri possono prendere una Lamborghini… cosa avete capito?!
Le lamborghini sono dei risciò a mano, color rosa fenicottero, che dei poveretti portano su e giù caricandoci sopra due persone alla volta, se lo sapesse Elettra… il bello è che loro non hanno idea di cosa sia una Lamborghini! Ma voi potete farvela guardando le foto 😉
L’Indonesia è delicata e al contempo intensa. Le forme sono aggraziate, i fiori meravigliosi, i frutti profumati ma la natura, quella è assai poco addomesticata.
Disclaimer
Attenzione: Le attività che si svolgono in montagna quali alpinismo, arrampicata, scialpinismo, ma anche il semplice escursionismo possono essere potenzialmente pericolose: la valutazione del rischio spetta alla responsabilità di ognuno singolarmente, in base alle proprie condizioni psico-fisiche e alle condizioni ambientali. Relazioni e descrizioni all'interno del blog sono frutto della nostra personale esperienza, possono contenere imprecisioni nonostante la nostra attenzione; le foto e i video possono essere utilizzati esternamente solo a fronte di richiesta e autorizzazione scritta.
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