Cresta Marimonti alla Punta Sertori

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loc. Bagni di Masino SO (1.170 m) – Rifugio Gianetti (2.534 m) – Punta Sertori (3.195 m) – Cresta Marimonti, Via Alpinistica – difficoltà IV+ – disliv. Via Marimonti 350 m – disliv. complessivo 2.025 m

Qualcuno, dopo un infortunio e un intervento ben riuscito di microchirurgia alla mano (doc. Santa Subito), aveva voglia di montagna… di alta montagna, di montagna “montagnosa” insomma, basta cazzate (ipse dixit).

Di scelta ce n’era parecchia: la Hintergrat per esempio, o qualcosa in Dolomiti… ma alla fine siamo tornati in Val Porcellizzo, ai piedi dei Giganti. Escludendo lo Spigolo Nord del Badile, troppo impegnativo fisicamente per il nostro attuale allenamento, abbiamo puntato tutto su questa bellissima ascesa: classica che più classica non si può, in ambiente che sapevamo essere davvero meraviglioso. Qui è davvero montagna “montagnosa”. La Marimonti non è da sottovalutare, per le ragioni che vi spiegheremo meglio nel Giudizio alla fine di questo lungo articolo – che è lungo perchè sono stati due giorni intensi, spesi ad arrampicare su un magnifico granito, prima all’Enrichetta e poi sulla Punta Sertori.

La Madonnina di vetta non l’abbiamo salutata, ma per un soffio: possiamo dire, però, che siamo contenti lo stesso?!

Giorno 1 – Avvicinamento al Rifugio Gianetti e Via Mary Poppins alla Punta Enrichetta

loc. Bagni di Masino SO (1.170 m) – Rifugio Gianetti (2.534 m) – disliv. 1.364 m

Per l’avvicinamento potete fare riferimento alla relazione scritta per la Via Normale del Piz Badile, la meta resta il Rifugio Gianetti e ovviamente il sentiero non è cambiato: è sempre bellissimo!

Volendo fare le cose per bene questa volta siamo arrivati presto, così da poter mettere qualcosa sotto i denti e poterci dedicare alle lisce placche della Punta Enrichetta nel pomeriggio: la formazione rocciosa, ben visibile dietro al Rifugio, si raggiunge in una 40ina di minuti dal Gianetti, seguendo dapprima le indicazioni per il Rifugio Allievi e abbandonando il sentiero dopo poco, quando sulla sinistra si rintraccia un ometto. Il percorso è abbastanza libero, seguendo gli ometti ci si avvicina alla placconata evitando i salti di roccia.

Ecco: il problema della Enrichetta è trovare le vie! I primi spit, soprattutto nelle vie dal centro a sinistra, ovvero a ovest verso il Badile, sono posti parecchio in alto e non si vedono… tutto questo ha senso visto che i primi metri di placconata sono praticamente camminabili, ma rende difficoltoso individuare le linee. Possono essere utili – se sono in piedi – dei grossi ometti posti sotto ad ogni tiro, sulla verticale dell’attacco.

Noi abbiamo ravanato un po’, e tra i 2 spit che avevamo individuato abbiamo scelto la via che ci sembrava più promettente: abbiamo scoperto dopo essere anche la più lunga, ovvero la via Mary Poppins, che passa a destra di una fessura arcuata che interrompe la placca e affronta nell’ultima lunghezza una rimontina.

La via è ben chiodata con soste attrezzate, tutto sommato semplice e su bella roccia, anche se a tratti leggermente friabile a causa dei funghi.
La sosta tra il primo e il secondo tiro probailmente è stata tolta o non l’abbiamo vista, sta di fatto che così sono quasi 60 metri (facili, 4b). Seguono altri due tiri di 5b (la relazione dava l’ultimo di 5c ma ci è sembrato eccessivo), per un totale di 110 metri.

Purtroppo nessuna di queste vie raggiunge la cima della Enrichetta (forse ci si può anche arrivare, ma noi avevamo lasciato gli scarponi ai piedi della parete): bisogna dunque calarsi senza aver potuto godere del panorama di vetta.

Dopo questo gustoso assaggio d’arrampicata concludiamo la giornata arrivando al Gianetti giusto in tempo per la cena, annaffiata dai consueti litri di alcol mannaggia a noi. La serata sarà priva di vento, e con le pareti esposte al sole per tutto il giorno possiamo ben sperare per l’indomani, quando bisognerà fare sul serio.

(potevamo non mettere qualche foto anche del primo giorno?!)

Giorno 2 – Cresta Marimonti alla Punta Sertori e ritorno

Rifugio Gianetti (2.534 m) – Punta Sertori (3.195 m) – Cresta Marimonti, Via Alpinistica – difficoltà IV+, disliv. arrampicata 350 m

Avvicinamento

Seguendo le indicazioni di Mimmo (n.d.r. Giacomo Fiorelli, storico rifugista del Gianetti) abbiamo seguito per un po’ gli ometti subito dietro il rifugio, che portano sulla morena che si attraversa per salire la Normale del Badile. Dopo aver guadagnato quota abbiamo traversato verso destra, puntando al declivio che sta tra la Punta Enrichetta e la cresta sud della Punta Sertori, tenendo quindi il Badile a sinistra e la Enrichetta a destra, raggiungendo la base della Sertori in circa 1 ora. Vari tentennamenti nel cercare l’attacco ci hanno portato a perdere qualche altra decina di minuti.

In realtà è abbastanza semplice individuarlo: si trova esattamente a sud, un camino all’inizio bifido con un grosso masso incastrato, posto tra una profonda fessura a sinistra e un altro diedro/camino nero a destra (faccia a monte). Per arrivare all’attacco, nel nostro caso, c’era da affrontare qualche metro di neve rigelata in pendenza (leggi: si scivolaaaaa!).

Descrizione dei tiri

Ve li descriviamo come li abbiamo spezzati noi… alcuni sono concatenabili, essendo sempre facile – anche se non si trova una sosta – attrezzarla a piacere.

  1. III / IV+ (50mt) – Dalla base attaccare il facile camino di sinistra ed uscire verso quello di destra subito a monte di un primo sasso incastrato (sulla cengetta erbosa soprastante è presente una sosta, se si vuole spezzare il tiro). Proseguire nel camino fino alla base di un altro grosso sasso incastrato e rimontare alla sua base (IV+) sfruttando le opposizioni per alzarsi (abbastanza fisico) facendo poi MOLTA attenzione agli enormi detriti mobili sul terrazzino subito a monte. Ultimo facile muretto e poi sosta sulla parete destra all’uscita del camino.
  2. III (50mt) – Rimontare il camino subito accanto alla sosta o – se anche a voi non ispirano gli sfasciumi presenti nel camino – spostatevi più a sinistra su un terrazzino erboso e sfruttate una rampa rocciosa / erbosa che vi porta al termine del camino (ve lo troverete sulla destra).
    In entrambi i casi seguite poi una cengia erbosa ascendente in diagonale destra fino ad approdare su un comodo terrazzo erboso dove dopo alcuni metri si trova la sosta.
  3. III / IV (50mt) – Dalla sosta seguire la facile rampa alla propria sinistra e continuare a spostarsi in diagonale per circa 40 metri su successive cengette erbose e rocciose fino alla base di un una spaccatura rocciosa in diagonale destra (IV) che permette di uscire su un terrazzino dove si sosta.
  4. IV / II (25mt) – Risalire la placca con spaccatura centrale sopra alla sosta per qualche metro, spostarsi poi a sinistra seguendo in leggera discesa un paio di strette cenge erbose fino a sostare alla base di una lunga placca delimitata a destra e sinistra da due diedri. Il nostro sarà quello di sinistra, delimitato da una lama.
  5. IV+ (50mt) – Primo tiro duro di giornata, anche perché nel nostro caso era parecchio bagnato. Probabilmente da asciutto è solo IV.
    Noi siamo saliti prima per le facili placche sopra la sosta, evitato il tettino aggirandolo a destra e poi ci siamo spostati sul bordo della evidente lama puntuta di sinistra che va seguita fino al suo termine, poi ancora leggermente a sinistra e infine dritto per un altro diedro che porta alla sosta su grosso masso e all’uscita in cresta.
    Forse è anche possibile risalire più facilmente per le placche lavorate a destra della lama (qui è infatti presente un vecchio chiodo), ma non ci abbiamo nemmeno provato perché erano fradice.
  6. II (15mt-raccordo) – Si può evitare ma noi abbiamo preferito spostarci alla base dell’evidente pilastro dove si trova uno spit e abbiamo fatto sicura da lì per il tiro successivo.
  7. III (20mt) – Salire la bella placca fessurata fino alla sosta alla base della parte più verticale del pilastro.
  8. IV+ (10mt) – Rimontare verticalmente il pilastro (IV+, 1ch) con arrampicata tecnica per circa 3-4 metri senza raggiungerne la vetta, deviare quindi a sinistra con passi più semplici fino a un terrazzino dove si può sostare.
  9. II (50mt-raccordo) – Riprendere il filo di cresta e seguirlo fino alla base della prima cuspide Ferrario, seguire quindi una cengetta erbosa camminabile sulla destra (lato Cengalo) che ne aggira la mole fino alla base di un caminone / rampa appoggiata dove si sosta (1 spit).
  10. IV (25mt) – Salire il caminone / placca con facili passi fino al suo termine dove si sosta (1 spit).
  11. IV+ (25mt) – Il tiro più bello e più caratteristico dell’intera via, ovvero l’aerea rimonta della seconda cuspide Ferrario. Salire prima per placca lavorata ma con qualche metro non proteggibile fino al suo termine, dove bisogna spostarsi a destra fino allo spigolo. Individuare un chiodo grigio sullo stesso che consente di proteggere il passaggio, uscire poi in placca e in esposizione estrema sul versante ovest (lato Badile), alzarsi un paio di metri per riprendere lo spigolo, uscire poi a cavalcioni sul pilastro e spostarsi delicatamente verso il suo centro dove ora si trova uno spit su cui noi abbiamo sostato.
    Se volete la classica foto ricordo della via, il punto di ripresa migliore è la sosta una volta scesi dalla cuspide.
  12. IV (15mt) – Scendere delicatamente dalla cuspide proteggendo con un paio di cordini su degli spuntoni in modo da garantire un po’ di sicurezza anche al secondo di cordata fino alla sosta su terrazzo (è anche presente uno spit poco visibile in alto sulla placca, versante est, che può essere comodo anche come punto di sicura per il tiro successivo).
  13. IV (50mt) – Salire la lunga e divertente placca fessurata per circa 40 metri, spostarsi poi a sinistra con passo più delicato e andare a prendere una fessura più ampia che porta fino alla sosta su terrazzo (1 spit). Questo tiro, il 14 e il 15 si svolgono sul versante del Cengalo.
  14. IV (50mt) – Seguire delle lame ascendenti cercando di raggiungere la stretta rampa di granito con funghi verdi che si vede a metà tiro. Il passo più esposto è protetto da un provvidenziale chiodo. Proseguire poi lungo la rampa (altri 2 chiodi) fino a portarsi alla base di un ampio camino verticale che sale in direzione della conca del Badile, sotto cui bisogna costruire una sosta (noi qui non abbiamo trovato il classico spit di appoggio).
  15. IV+ (50mt) – Salire verticalmente nel canale/rampa puntando a un chiodo visibile dalla sosta, proseguire poi con alcuni passi non banali e taluni non proteggibili spostandosi man mano verso destra con percorso a piacere fino a trovare la sosta a spit sulla parete di destra un metro sotto la cresta. Qui, guardando il filo di cresta, si vede un ometto a sinistra. Avremmo dovuto notare anche uno spit sopra di noi… invece…

QUI – SIGNORE E SIGNORI – CI SIAMO FUMATI L’ULTIMO TIRO !!!
A SEGUIRE QUELLO CHE NON DOVETE FARE, A MENO CHE PER UN MOTIVO O PER UN ALTRO NON VOGLIATE O DOBBIATE ABBANDONARE LA VIA

  • II (15mt – raccordo) – Salire in cresta e aggirare il pilastro spostandosi sul versante ovest della montagna (lato Badile) fino a un terrazzino dove si trova una sosta.
  • IV (25mt) – Rimontare l’evidente rampa ascendente con un primo passo un po’ più difficile raggiungendo poi un terrazzo proprio sotto la cima dove si trova una sosta a spit con maglia rapida (sarà il punto da cui effettuare la seconda calata dalla vetta). Noi purtroppo ci siamo fermati qui, inconsapevoli dell’errore, anche a causa dell’orario ormai tardo e delle nuvole che iniziavano a salire dalla conca del Badile. Non sappiamo se da questo punto ci sia modo di salire comunque in vetta o meno.

QUESTO INVECE QUELLO CHE DOVRESTE FARE…

  • IV+ (45mt) – Riportiamo il tiro come descritto in altre relazioni perché noi non l’abbiamo affrontato (dalla sosta del nostro 15° tiro bisognava probabilmente salire dritto per dritto, senza aggirare la punta): salire verticalmente la fessura della sosta con passo delicato iniziale (IV+), ben protetto da uno spit con cordone (quello che noi non abbiamo visto). Proseguire verticalmente per belle placche fessurate (IV) e un chiodo. Superare una nicchia con un chiodo con anello e seguire le placche molto belle e appigliate (IV-/IV). Superare una sosta a spit e raggiungere più facilmente la vetta. Sosta sulla sommità su due spit con cordini e maillon all’altezza della madonna.

Descrizione della discesa

Fortunatamente se la via è tutta da leggere, le calate sono intuitive. Dalla cima una prima calata vi depositerà nel punto in cui ci siamo fermati noi, ovvero un terrazzino con sosta su cordoni + spit e maglia rapida circa 30 mt sotto (le soste da usare sono fatte tutte così).

Da qui ci si cala ulteriormente sino all’evidente terrazzo erboso sottostante, dove si rintraccia un ometto dal quale partono una serie di 5 calate da circa 40 metri o più (che è spesso possibile spezzare perchè si trovano anche soste intermedie, ma non attrezzate).

Queste calate, alcune delle quali – a tratti – nel vuoto, scendono lungo le lisce placche che prospettano la conca del Badile, fino a depositarvi sull’ampia cengia di sfasciumi che spesso è anche coperta di neve (nel nostro caso la lunghezza delle corde è bastata a superarla) ben individuabile anche da valle.

Dalla cengia bisogna superare un ultimo salto roccioso, rintracciando sulla destra, faccia a monte, un percorso di ometti che si abbassa lungo sfasci e placche appoggiate sino a trovare l’ultima sosta al di sotto di un grosso masso (non visibile da sopra).

Con quest’ultima calata si arriva alla base della montagna, dietro alla Punta Enrichetta, dove ci sono delle placche nel nostro caso ancora sepolte dalla neve. Qui come per l’andata sino al Rifugio Gianetti. E… dulcis in fundo, i rimanenti 1.400 metri di dislivello per rientrare ai Bagni di Masino 😛

Giudizio

Pur con il dispiacere di non averla chiusa per un singolo tiro, questa via rientra secondo noi tra le più belle cavalcate trad che abbiamo mai affrontato.
L’ambiente maestoso e decisamente alpino, l’esposizione a tratti estrema, le pochissime ed essenzialissime protezioni che si trovano in loco e l’impegno fisico complessivo richiesto per portarla a termine, fanno di questa cima qualcosa di stupendo che vi ricorderete senz’altro per lungo tempo.

La roccia è mediamente tra il buono e l’ottimo nella parte alta mentre bisogna prestare attenzione nei primi tiri agli sfasciumi nei camini (!!!) e ad alcune lame che ogni tanto ti restano in mano.

La prima parte soprattutto richiede anche buona esperienza nella lettura della montagna per individuare la via più logica di salita e non è scontato che ripeterete la stessa strada che abbiamo affrontato noi, nonostante la relazione.
Cercate di seguire il facile e fatevi consigliare dal rifugista del Gianetti che ne sa una più del diavolo 😉

Visto il numero di protezioni presenti in via (si contano sulle dita di una mano….) è ovviamente richiesta la capacità di proteggersi autonomamente con friend, cordini e dadi anche se ogni tanto nei punti più terribili qualche chiodino piantato a mano si trova.

Ultimo suggerimento….scegliete una bella giornata per farla perché il panorama merita davvero tanto e le foto che si possono strappare lungo la cresta a ricordo, valgono da sole l’ascesa!! 😛

Buon divertimento!!

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