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21 Mar 2017

Val Grande con cambio di programma

di Erica Bagarotti | | 0
lasciamo l’auto al parcheggio dell’alpe Faievo, al termine di una strada parzialmente sterrata che da Trontano city, seguendo le indicazioni per il rifugio Parpinasca, sale abbastanza ripida. La strada è assolutamente gippabile, ma non in ottimo stato.
prima di arrivare al bivio per il rifugio Parpinasca ahinoi comincia ad esserci neve
eccoci al nostro bivio: avendo scelto di affrontare l’ingresso passando per la porta di Regozzale ci dirigiamo verso l’Alpe Drisoni e Nava. Davanti a noi intravediamo una traccia semicoperta da accumuli di neve
lungo il sentiero incontriamo parecchie orme nella neve
arrivati all’Alpe Drisoni iniziamo ad avere dubbi sulla riuscita della nostra escursione: gli accumuli di neve sono ancora importanti e l’esposizione di questo versante ci fa presagire che la situazione non migliorerà
l’Alpe Drisoni e sullo sfondo le montagne dell’alta Val D’Ossola, a nord-ovest
da qui il sentiero (sommerso dalla neve) prosegue in cresta fino all’Alpe Nava: si sprofonda fino alla vita nella neve-pappa, il percorso è tutto da tracciare e noi siamo decisamente indietro sulla tabella di marcia, oltre che già molto stanchi
l’immagine della mestizia: non si puà proseguire, la neve è ancora troppa e troppo molle senza ciaspole. Diciamo arrivederci alla porta di Regozzale e alla nostra escursione, che proveremo a ripetere tra un po’ quando le condizioni saranno migliori
a questo punto torniamo sui nostri passi e ci fermiamo al rifugio Parpinasca per decidere il da farsi. (Questa non è disperazione ma mal di schiena!)
già che siamo qui, e abbiamo tutta l’attrezzatura per dormire, decidiamo di approfittare del locale invernale del Parpinasca: abbiamo ancora parecchie ore di luce davanti, ci sta anche un po’ di tai chi
l’Alpe Parpinasca e sullo sfondo il Pizzo del Tignolino. Il passo di Basagrana, su questo versante a sinistra, avrebbe dovuto essere la nostra via di ritorno del giro ad anello e forse avrebbe potuto essere più semplice anche da percorrere all’andata.
calato il sole prepariamo un fuocherello all’esterno del rifugio
ultime luci prima dell’imbrunire, approfittiamo del fuoco in esterna
il fuocherello ha terminato la sua funzione, spegnamo le braci con la neve e ci prepariamo per la cena
tramonto guardando verso la Svizzera, dove il fronte nuvoloso preme sulle montagne ma per fortuna lì rimarrà anche nella giornata successiva
tramonto guardando verso la Svizzera, dove il fronte nuvoloso preme sulle montagne ma per fortuna lì rimarrà anche nella giornata successiva
il locale invernale del Parpinasca è un piccolo bivacco: è dotato di stufa a legna e comodi letti con tanto di materassi, cuscini e coperte. Tuttavia essendo nuovissimo mancano le classiche cose che gli escursionisti mano a mano lasciano in dotazione: in primis una scopa e un’accetta per la legna, ma anche ciabatte, stoviglie (c’è solo una pentola grande e una nuovissima caffettiera!), candeline (queste ultime abbiamo provveduto a portarle noi, insieme ad una scorta di bustine di the).
il giorno seguente decidiamo di seguire il consiglio di un escursionista incontrato scendendo a Trontano, abbandoniamo il versante nord, ancora troppo innevato, e ci dirigiamo a Bracchio, paesino sopra Mergozzo, da cui parte la comoda mulattiera che conduce all’Alpe di Vercio
qui la primavera è bella che arrivata: fioriture di ginestre, viole, primule e ciliegi. Il sentiero è semplice e godibile
arriviamo all’Alpe Vercio, più precisamente a quello che questo sobrio cartello ci indica essere l’Eremo
in questa zona si trovano moltissimi alberi maestosi e antichi, soprattutto quercie e faggi isolati.
avvistiamo l’Eremo, che sorge su un’Alpe curatissima, con prati all’inglese, grandi alberi perfettamente potati e rododentri purtroppo non ancora fioriti. Un luogo fiabesco.
l’Eremo del Vercio: due escursionisti “anziani” si riposano al sole
ci riposiamo anche noi. Pausa mela poi si riparte
i giardini dell’Alpe attorno all’eremo: qualcuno qui deve dedicare molto tempo alla manutenzione perché non c’è una foglia fuori posto. Da tornare con i rododendri in fiore.
il lago di Mergozzo fa da sfondo all’eremo. A breve, salendo, il panorama diventerà magnifico.
seguendo le indicazioni per il Monte Fajè ci approssimiamo alla Colma del Vercio: più si sale più il paesaggio visto dall’alto lascia senza fiato. Nonostante una leggera foschia sono ben visibili il Lago di Mergozzo, il Lago Maggiore e anche, a destra, il Lago d’Orta
di fronte a noi il Monte Massone, l’Eyehorn e il Capezzone con qualche traccia di neve
in vista della Colma del Vercio il vento solleva mulinelli di foglie, che danzano per noi
sulla Colma un cartello del Parco ricorda che qui arrivava la teleferica, di cui rimangono i resti di un pilone, impiegata per il trasporto del legname dall’interno della Val Grande
dalla Colma si hanno diverse alternative: si può entrare in Val Grande verso il ponte di Velina e Corte Buè, proseguire in cresta verso Cima Corte Lorenzo, oppure proseguire in cresta dalla parte opposta verso il Monte Faje’ e l’Alpe Ompio. Quest’ultima è la strada che sceglieremo noi, e che ci consentirà di chiudere l’anello a Bracchio, dove abbiamo la macchina.
ultimo sguardo prima di proseguire verso la cima del Monte Fajè
su questo versante i margini della Val Grande sono tutt’altro che wild: ci sono cartelli, ometti, i sentieri sono comodi e ben segnati. Ne risente l’ambiente, che pur restando magnifico, è frequentatissimo da famiglie, coppiette, bambini: impossibile pensare di intravedere qualche animale selvatico, visto il chiasso che le troppe persone producono.
panorama 360 del fondo valle: davvero superlativo
altre foglie ballerine: il bosco, ripido sul versante della Val Grande, sembra essere in festa, come se sentisse la primavera
dalla cima del Fajè si vede bene il Pedum e la cresta che lo lega alla Laurasca (ancora innevata), oltre che la Cima Sasso (che invece abbiamo già salito anni fa: https://www.inmontagna.blog/cima-sasso-val-grande/)
ancora uno sguardo ai monti dalla parte opposta dell’Ossola
il Mottarone, con la sua nuvoletta di fantozziana memoria
cominciamo la discesa verso l’Alpe Ompio, anche se sarebbe forse più comodo tagliare dritto per dritto lungo la dorsale e arrivare direttamente a Ruspesso
la natura si risveglia, i prunus sono carichi di fiori quando gli altri alberi hanno ancora appena ripreso la fase vegetativa e si intravedono i primi verdissimi germogli
arriviamo infine all’Alpe Ompio, in vista del Rifugio Cai Fantoli: vista la vicinanza con l’accesso stradale carrabile la struttura è frequentatissima anche da persone che ne fanno la meta della loro escursione
noi al Fantoli ci fermiamo solo il tempo di una birra (troppo casino) per poi riprendere l’ultimo tratto di discesa che ci riporterà a Bracchio, all’auto e alla nostra cena!
il sole è tramontato da poco sul Santuario Della Madonna Del Boden, accanto al quale si trova la trattoria che abbiamo scelto per cena. Salendo qui da Ornavasso si incontrano una serie di santuari e cappelle, probabilmente una sorta di via crucis che si conclude qui, in questo tempio che risale al XVI sec.
escursione del primo giorno (abortita)
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