Un TRANQUILLO martedì di freeride al Tonale (con valanga …)

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Il gruppo pronto a iniziare la giornata

PASSO DEL TONALE (BS) – freeride

Doveva essere solo un allegro martedì di freeride con gli amici, dopo una fantastica nevicata che attendevamo tutti da un sacco di tempo.
Si è trasformato invece in un giorno che resterà scolpito nella nostra memoria, dopo aver vissuto dal vivo una delle peggiori esperienze che possano capitare in montagna, ovvero ritrovarsi coinvolti in una valanga e dover prestare soccorso ad un ragazzo che ne è rimasto sepolto.

Si sapeva che oggi era dato rischio 3 e ovviamente siamo partiti per il Tonale con tutta l’attrezzatura di ordinanza che non deve mai mancare quando si pratica questo tipo di sport.
Il fattaccio si è verificato subito, alla prima discesa sul noto fuoripista “la sgualdrina” che scende dal ghiacciaio del Presena, bello carico di metri di polvere caduta da poche ore.
Noi eravamo in 4 e dopo qualche centinaio di metri di discesa, abbiamo incontrato un ragazzo da solo che ci ha chiesto se conoscessimo bene il posto e se poteva scendere con noi visto che lui era da solo.
Ovviamente abbiamo acconsentito e siamo ripartiti tutti insieme.
Tempo 3-4 minuti, appena sopra al punto in cui il pendio si stringe in una sorta di canale, si distaccherà un fronte che ha poi trascinato verso valle tutta la neve fresca presente nel canale, diventando una valanga di dimensioni moderate, ma comunque letale nel momento in cui ne si viene investiti.

Due del mio gruppo sono riusciti a mettersi sul bordo del canale al mio urlo “VALANGAAA!!!!!!!! VALANGAAAA!!!!! VIAAAAAA!!!!!!!”, appena in tempo per evitare la massa di neve che comunque è passata a non più di due metri da loro.Foto che mostra la portata della valanga
Un altro del gruppo è sfuggito perché era partito per primo e si trovava già un centinaio di metri più a valle.
Io non ero ancora partito (grazie ad uno sbilanciamento da fermo che mi ha ritardato di qualche secondo e probabilmente mi ha salvato la vita) e ho visto il distacco del fronte proprio di fronte ai miei occhi, con i miei amici ancora nel canale (brrr……orribile).
Il ragazzo che era con noi invece, non lo vedevamo più e a quel punto ci siamo immediatamente resi conto che qualcosa non andava.

Ci siamo fermati verso la fine del canale e abbiamo osservato verso valle per capire se vedevamo qualcosa di anomalo.
Tutti abbiamo notato la presenza di qualcosa in mezzo alla valanga che da lontano poteva sembrare una roccia.
Parte del gruppo a quel punto è sceso a verificare, mentre io per precauzione mi sono fermato un attimo a monte in attesa del responso, in modo tale da poter eventualmente scendere con l’ARTVA in mano per sondare la valanga.
Arrivati al presunto sasso, i ragazzi si sono accorti che si trattava in realtà di una gamba con uno sci attaccato.
Il ragazzo che era con noi era finito sotto e bisognava tirarlo fuori immediatamente se volevamo avere qualche speranza di rivederlo in vita.

Sono sceso anch’io di volata e insieme ad Andrea abbiamo iniziato a scavare con la pala partendo dalla gamba che spuntava dalla neve e proseguendo alla ricerca del resto del corpo.
Intanto Alessandro chiamava al telefono i soccorsi riportando in tempo reale la situazione alle forze dell’ordine.
Nel giro di un minuto siamo arrivati a disseppellire un braccio che purtroppo risultava inerme. Il ragazzo se era vivo, non era più cosciente.
Abbiamo accelerato gli scavi in cerca della testa, mollando poi la pala in favore delle mani in modo da evitare di colpire il ragazzo con la pala vicino al volto.
Dopo 3-4 minuti (credo…ma è difficile dirlo in quei momenti) siamo riusciti a scoprire la faccia.
Il ragazzo era viola in volto e la sua maschera da sci era stata spostata dalla sua posizione naturale e gli copriva il naso e la bocca, cosa che probabilmente è stata provvidenziale e gli ha permesso di non inghiottire neve.
Andrea ha cercato di risvegliare il ragazzo che nel giro di breve ha ripreso a respirare con un respiro pesante, una specie di rantolio, simile ad un russare.
Era ancora vivo……grazie a Dio.
Abbiamo proseguito a liberare parte della pancia in modo da favorirgli la respirazione e a quel punto io e Andrea ci siamo messi da parte per riprendere fiato perché avevamo consumato uno sproposito di energie.
Avevamo il fiatone, le mani congelate ed un principio di rigurgito dovuto allo sforzo e alla concitazione.

Foto di Alessandro (a sinistra) con il ragazzo estratto dalla neve (a destra)Pochi attimi prima per fortuna sono arrivati sul posto gli amici del ragazzo che così hanno potuto prendere il nostro posto per liberare la parte restante del corpo ed estrarre infine il ragazzo dalla neve.
Quando ci siamo ripresi tutti dallo shock e dallo sforzo, abbiamo scambiato due parole col ragazzo, raccontandogli quanto successo.
Lui non ricordava nulla. Aveva perso conoscenza dopo pochi secondi dal seppellimento, cosa che probabilmente gli ha permesso di sopravvivere più a lungo, consumando molto meno ossigeno del normale.
All’inizio era ovviamente in uno stato confusionale. Non realizzava bene cosa fosse accaduto e sembrava incredibilmente calmo visto quello che gli era appena successo.
Probabilmente se ne sarà reso conto qualche ora dopo, lasciando lentamente maturare nella testa il pericolo reale che ha vissuto e quanto fosse andato a due passi dal non tornare mai più a casa.

Anche noi ci siamo resi conto mano a mano dell’entità della cosa.
L’adrenalina che il corpo genera in una situazione di stress di questo tipo ci mette parecchio tempo a scendere.
E solo nella notte, al ritorno a casa, sono arrivato anch’io a vedere e comprendere tutte le sfaccettature di questo tragico (e allo stesso tempo fortunato) episodio.
Quando prendi realmente coscienza del fatto che hai avuto una vita nelle tue mani e solo pochi minuti disponibili per poterla conservare, vieni travolto da un misto di terrore (per quello che sarebbe potuto succedere) e di gioia (per la fortuna di aver estratto il ragazzo ancora in vita).
Pensi alla famiglia di questa persona e ti rendi conto di quanto sarebbe stata dura per loro se avessi fallito, se non ce l’avessi fatta.
E pensi al fatto che le esperienze di quel ragazzo si sarebbero concluse lì…con 70cm di neve sulla testa, in un silenzio infinito.
Sta roba ti segna.
Io e Andre abbiamo ringraziato chiunque lassù ci abbia guidato la mano, aiutandoci a rimanere lucidi e ad agire in modo efficace e rapido.
Sapevamo cosa dovevamo fare perché abbiamo fatto i corsi di sicurezza sulla neve e abbiamo fatto nel tempo diverse prove.
Ma quando poi succede davvero, riuscire a rimanere lucidi è un bel casino e questa esperienza ce la porteremo dietro per il resto dei nostri giorni, nella speranza che non ci capiti mai mai mai MAI più.
Inutile dire che in tutto questo, la volontà personale di rischiare un po’ meno di così, giocherà un ruolo fondamentale…

 

A seguito dell’incidente, quando tutto si è calmato e ormai il ragazzo era sicuro nelle mani dei suoi amici (con i soccorsi in arrivo), io e il mio gruppo siamo scesi verso valle.
Erano ormai le 12:45, ma visto che eravamo lì, abbiamo comunque voluto proseguire a sciare cambiando però rotta rispetto alla mattina.
Abbiamo abbandonato il versante del Presena (anche se era una meraviglia e ci ha regalato una discesa spettacolare…incidente a parte…) per spostarci sul versante opposto, dove batte il sole e non c’erano accumuli di neve pericolosi che potessero trasformarsi in valanghe.
Abbiamo sciato sempre su fuori pista, ma in posti sicuri e senza rischiare più nulla.
Ci siamo comunque divertiti, ma la nostra mente era fissa su quanto accaduto la mattina e quindi verso le 15:30, dopo una decina di discese, ci siamo fermati a pappare qualcosa e siamo tornati verso la macchina.
Prima di prendere la strada di casa, abbiamo parlato dal vivo con la Polizia che ci aveva chiesto di contattarli a fine giornata per poter stendere il verbale dell’accaduto.
Il poliziotto è stato gentilissimo. Gli abbiamo raccontato tutto quanto e poi ci siamo rimessi in viaggio verso Milano, parlando a lungo dell’accaduto e prendendo lentamente consapevolezza, dentro di noi, che queste cose succedono.
Succedono davvero. Tutti i giorni.
E che non bisogna mai scherzare con la montagna.
Non che non lo sapessimo.
Ma quando poi ti capita una roba come questa, l’attenzione aumenta ancora di più e ti rendi conto che lì sotto avresti potuto esserci tu e che magari (anzi, probabilmente!), nessuno sarebbe arrivato entro 10 minuti a cacciarti fuori di lì. Non per cattiveria. Ma per semplice calcolo delle probabilità!
Occhio ragazzi. Sempre ARTVA, pala e sonda (e zaino airbag se potete!!). Fate i corsi di sicurezza sulla neve del CAI e delle altre associazioni e date sempre retta ai bollettini valanghe.
Anche quando il rischio sembra accettabile e l’avete già fatto mille volte.

 

Alla prossima avventura, nella speranza che sia MOOOOOOLTO meno avventurosa di così…

 

 

 

 

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Disclaimer

Attenzione: Le attività che si svolgono in montagna quali alpinismo, arrampicata, scialpinismo, ma anche il semplice escursionismo possono essere potenzialmente pericolose: la valutazione del rischio spetta alla responsabilità di ognuno singolarmente, in base alle proprie condizioni psico-fisiche e alle condizioni ambientali. Relazioni e descrizioni all'interno del blog sono frutto della nostra personale esperienza, possono contenere imprecisioni nonostante la nostra attenzione; le foto e i video possono essere utilizzati esternamente solo a fronte di richiesta e autorizzazione scritta.

2 risposte

  1. andrea

    Siete bravi,ma anche fortunati e la fortuna, come sapete, è casuale mentre la vita è preziosa, non rischiatela!Andrea

    • Gabriele

      Ciao Andrea,
      ti posso assicurare che in montagna siamo sempre molto attenti e prudenti.
      Facciamo solo le cose che siamo in grado di fare e rischiamo pochissimo.
      Poi a volte gli incidenti possono capitare. Ma quelli a volte capitano persino tra le mura domestiche, senza nemmeno bisogno di uscire di casa.
      La montagna per noi è una grande passione e la portiamo avanti il più responsabilmente possibile.

      Ciao e grazie del commento.

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