Falesia La Balma – Alpe Veglia – con battesimo della roccia per i nipoti

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loc. LA BALMA, parco naturale dell’ALPE VEGLIA (VCO) – falesia attrezzata: 11 monotiri, 4-6a, max 15 m

I weekend con tutta la famiglia sono rari come i cuccioli di panda per noi, quindi approfittiamo dell’occasione per portare i nipotastri a scalare, nella magica cornice del Parco Naturale dell’Alpe Veglia.
Siamo arrivati giusti per l’ora di pranzo partendo da Ponte Campo, e abbiamo tutto il pomeriggio da dedicare alla bella palestra di roccia sita in Località La Balma, a una ventina di minuti dall’Albergo Alpino dove alloggeremo (stavolta, complice la reunion familiare, ci trattiamo bene!)

La Balma si raggiunge comodamente attraverso il sentierino che sale accanto alla cascata limitrofa al rifugio CAI o, ancor più comodamente, attraverso la mulattiera che si biforca sulla piana dell’Alpe (se salite dal fondovalle, appena all’imbocco della piana, seguite la strada che fa il giro verso destra, tra le foto toverete anche la mappa con la posizione precisa).
La palestra di roccia è attrezzata su un grosso masso erratico, posto al centro delle graziose casette dell’alpeggio, sulla cui cima è stata posta una croce.

Cliccando Qui trovate lo schema dei tiri, che sono pochi e tutti V°, alcuni più ciapa e tira (Campanula) altri più tecnici (Primula Hirsuta); gli spit ci sono, in alcuni casi un po’ datati… tutta la falesia non sembra essere molto frequentata, tant’è che alla sua base noi abbiamo trovato un muro di ortiche (motivo in più per evitare di floppare sui primi chiodi!). La roccia (gneiss) in compenso è ottima.

Per muovere i primi passi è un buon posto (i nipotastri si sono divertiti), soprattutto se si considera la cornice naturale davvero unica in cui si trova, che vale sicuramente anche la camminata per arrivarci: Veglia è uno dei pochissimo luoghi, ormai, raggiungibili solo a piedi (fatta eccezione per i pochi esercenti che lavorano nella piana, che hanno i permessi per raggiungerla con la jeep), d’inverno è praticamente inaccessibile, salvo per qualche raro scialpinista.
I mesi estivi sono gli unici in cui i vasti prati di Veglia vengono calpestati dall’uomo (…e dalle mucche!) fatto che ha senz’altro contribuito alla conservazione di un ambiente alpino integro, fiabesco, che sarebbe bello rimanesse tale: negli anni si sono succeduti progetti diversi, volti alla costruzione di infrastrutture (strade, trenini, impianti, ecc) che rendessero l’Alpe più fruibile (sul modello dell’Alpe Devero), nessuno fino ad ora è andato in porto.
Sarà che l’orrido della val Cairasca fa un po’ paura alla gente: come ha detto qualcuno – che questi luoghi li conosce bene – “la natura ci protegge”.

Un po’ di storia, che non fa male, e ci aiuta a comprendere i luoghi che amiamo, la loro complessità, nonchè il loro delicato equilibrio:

“(…)Tra 8mila e 5mila anni fa, la conca di Veglia era occupata da un grande lago (largo 600 metri e lungo 1300) di origine glaciale. Attorno a questo lago, nei pressi di Cianciavero, a quota 1.750 metri, dove appunto sono stati trovati i primi reperti, i nostri antenati mesolitici avevano posizionato una sorta di campo base.(…)”*

“(…) “Veglia ha una configurazione unica. E si difende da sola. Un tempo d’estate qui pascolavano 1.200 bovini. Ma d’inverno, da sempre, rimane dominio della natura selvatica. Quale altro luogo sulle Alpi ha conservato questa immagine potente?” Chi parla è Paolo Crosa Lenz, alpinista, scrittore, giornalista, studioso.(…)”*

* Meridiani Montagne. Alpi Devero, Veglia, Valle Antrona, n° 92 anno XVII, maggio 2018 – Editoriale Domus
(vi consigliamo questo numero, bellissimo, dedicato a questi luoghi: vi è allegata la cartina, dettagliata e ben fatta del Devero e dell’Alpe Veglia: per l’escursione del giorno dopo, sul Rebbio, a noi è stata molto utile)

 

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