Cima Vagliana – Canale Ovest

da MADONNA DI CAMPIGLIO (TN) a CIMA VAGLIANA – disl. positivo 1200 mt – alpinismo

La Cima Vagliana è una delle punte che svettano accanto alla Pietra Grande, enorme complesso dolomitico che si erge alla sinistra degli impianti del Grosté, il principale comprensorio sciistico di Madonna di Campiglio.Vista del Brenta da poco sopra la seconda rimonta

E’ una vita che vengo qui e che vado a sciare al Grosté, ma la Vagliana non l’avevo mai salita in alpinistica e quando Erica giorni fa mi ha proposto varie gite che le sarebbero garbate per il weekend, ho subito spinto per questa che sembrava ad entrambi molto interessante e probabilmente poco battuta.

E che dire….valutazione assolutamente corretta…..su questa montagna non c’era assolutamente nessuno! 😛

Tant’è che non era nemmeno tracciata e questo ci è costato parecchio a livello di impegno fisico, anche perché questo percorso è adatto allo scialpinismo, mentre noi l’abbiamo affrontato a piedi (visto che la mia signora non pratica l’arte dei legni scivolosi…sigh….) conquistandoci ogni metro con fatica, sudore e a colpi di picca e bastoncini.

Siamo partiti con la prima funivia, raggiungendo l’intermedio del Grosté e da lì, abbiamo seguito la traccia degli scialpinisti sperando che ci portasse verso la nostra cima.
In realtà, purtroppo, la traccia arrivava solo fino alla base del primo muro che avremmo dovuto risalire mentre poi proseguiva verso il rifugio Graffer con morbido pendio.
Noi però eravamo diretti verso la cima e quindi a quel punto non abbiamo avuto altra scelta se non quella di tracciarci ogni metro….e in neve fresca.

Abbiamo scelto i punti del pendio dove sembravano esserci meno accumuli nevosi, ed un passo dopo l’altro, abbiamo superato il primo muro che stava attorno ai 30°-35° gradi.
Superata una piccola e sfasciumosa rimonta rocciosa, eccoci in un ambiente fantastico ed isolato, senza alcuna traccia di passaggio se non qualche rara orma di bestiole alpine.

lo splendido pianone al termine della prima rimontaLa cosa ha iniziato a piacerci parecchio… 😉

Dopo aver riposato 5 minuti, ripartiamo verso monte, dove si deve prima risalire un falsopiano pieno di accumuli nevosi (siamo stati sul costone sinistro) e poi aggirare un grosso blocco di roccia, risalendo un breve pendio sui 40° di pendenza.

La parte più difficile è stata ovviamente quella di superare gli accumuli nevosi, cosa che abbiamo fatto con pazienza, cercando di saltellare sulle rocce affioranti ed evitando la neve per quanto possibile (stando all’occhio perché la montagna sfasciumosa alla nostra sinistra ha il brutto vizio di scaricare sassi…. ).

Superata la rimonta, si atterra in un secondo pianone, sempre più isolato, al termine del quale si erge un canalino che per qualche metro raggiunge i 50° di pendenza
Alla fine del canalino, ci si ritrova finalmente sul lungo pendio che porta verso la cresta.
Saranno più o meno 150 metri, da risalire dritto per dritto, aggirando sul lato sinistro le rocce affioranti e proseguendo verticali verso monte.
Qui la neve è parecchia e si sfonda ad ogni passo, cosa che ci farà sputare sangue visto che la pendenza è fissa attorno ai 45° per tutto il pendio.

Con calma e pazienza, arriviamo comunque fino alla cresta rocciosa, dove ci fermiamo a riposare e a mangiare qualcosa, osservando dal lato opposto la splendida val Gelada tutta ricoperta di neve.
Proviamo quindi a mollare gli zaini e partiamo verso la cresta in direzione della nostra cima.
Ma dovremo fermarci praticamente subito.

Purtroppo la cresta è piena di sfasciumi e la copertura nevosa non è sufficiente per permetterci di proseguire rapidamente e senza rischi in discesa.
Decidiamo quindi di accontentarci e di fermarci qui al passo, preparando la via di discesa.

Di tempo ne avremmo anche avuto, ma Erica non è proprio un’amante delle discese ripide e quindi ci siamo lasciati il tempo sufficiente affinche si potesse eventualmente procedere in sicurezza cacciando fuori la corda e facendo sicura con la picca lungo la discesa.
Grazie a dio, con questa neve morbida non è servito e siamo scesi entrambi faccia a valle per tutta la pendenza, senza correre alcun rischio.

Erica mette i ramponi per la discesa, anche se oggi saranno inutiliErica ha voluto comunque indossare i ramponi per sicurezza, ma questo le ha creato solo un ostacolo perché la neve era talmente molle da creare lo zoccolo sotto il rampone nonostante l’antizoccolo e quindi, speriamo che questa esperienza le faccia venir voglia la prossima volta (in queste condizioni di neve si intende…) di procedere anche senza i ramponi.

Superati i tratti più ripidi, abbiamo voluto scherzare un po’ e ci siamo sparati buona parte della restante discesa scivolando di culo sul pendio modello bob, divertendoci parecchio e velocizzando di molto la discesa.

Riguadagnata la traccia scialpinistica del mattino, siamo risaliti per circa 200 metri (di sviluppo) in direzione del Graffer per poi ricollegarci alle piste, scendendo infine verso l’intermedio del Grosté, dove ci siamo ammazzati con meritatissimi panini con salamella e birrozza d’ordinanza.

Che dire…..nonostante la fatica di una gita affrontata con i mezzi sbagliati (sarebbe da fare con gli sci tutta la vita), abbimo comunque goduto come ricci per l’ambiente fatato e isolato, per aver dovuto tracciare tutto il percorso alla selvaggia e per essere riusciti a conquistare la cresta, cosa sulla quale, all’inizio, viste le condizioni della neve, non avrei scommesso nemmeno 1 euro.

Si torna a casa belli soddisfatti e anche parecchio abbronzati! Oggi faceva un caldo bestia e ho persino affrontato la parte più ripida a torso nudo….a oltre 2500 metri…..a febbraio….che non è proprio una cosa positiva ..ma vabbè… 😉

Alla prossima!!!

 

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2 risposte

    • Gabriele Poggi

      eh Ste…ormai “il danno” l’hai fatto e ora ti tocca attendere un po’.
      Ma magari tra qualche tempo potrai guidare una nuova leva sulle sagge e sane vie dei monti…..e quindi….abbi pazienza! 😉
      Un abbraccio e a presto!

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