Anello dei bagni di Masino : dalla Merdarola all’Oro

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BAGNI DI MASINO (SO) – ALPE MERDAROLA – BOCCHETTA DI  MEDACCIO (2303 mt) – RIFUGIO OMIO – VALLE DELL’ORO – BAGNI DI MASINO (SO) – disl. positivo 1200 mt circa trekking / ravanata

L’idea era di fare un giro ad anello risalendo la Valle della Merdarola ed arrivare al rifugio Omio per pranzo, con calma: in fondo le – poche – relazioni davano solo 1200 metri di dislivello per un trekking senza nulla di alpinistico….Ma mai sottovolutare la Merdarola.

La giornata parte sotto i migliori auspici, siamo entrambi felici di esplorare un posto nuovo, poco battuto. Incontriamo presto un gruppo di asini e di cavallini Haflinger (come il Sansone dell’Anima della Frontiera, per intenderci) che però ci portano jella perchè dopo pochi minuti perdiamo per la prima volta il sentiero. Poco male, dopo qualche ravanamento ritroviamo la traccia e proseguiamo spediti fino alla radura che segna il superamento del primo salto della valle, dove il paesaggio si apre e si ammira la bella cresta della Punta Fiorelli e Punta Medaccio. Qui la presenza copiosa di merdarola annuncia l’imminente incontro con il secondo gruppo di asinelli: che meneranno jella anche in questo caso, perchè in questo punto faremo una serie di scelte scellerate che ci faranno perdere ben 4 ore (ed è andata bene che, contrariamente ad altri escursionisti, non abbiamo avuto bisogno di chiamare i soccorsi – vedi qui).

L’unica relazione che avevamo, infatti, parlava di un rudere e gli unici ometti visibili piegano decisamente verso destra: la conclusione (errata!) è che anche se non vi è traccia alcuna, il sentiero traversi la valle fino alla casa diroccata che si vede sul versante opposto. Ci siamo diretti in quella direzione facendoci strada in un intrico di ontani, arbusti e rovi, indovinando un bel numero di guadi per ritrovarci finalmente in prossimità del rudere, nella parte opposta della valle, e renderci conto che lì non c’era alcun sentiero né traccia, anzi, probabilmente l’essere umano non ci metteva piede da anni! Cocciuti come i muli appena visti, abbiamo anche provato a risalire su roccia per qualche decina di metri, per poi tornare scornati sui nostri passi (magari!) e decidere di ritraversare la valle: l’operazione richiederà altre due ore, perchè ovviamente “tornare sui propri passi” risulterà impossibile e ci perderemo più volte.

A questo punto sono le 14.30, Gabriele è lì lì per tornare a valle, io però mi incaponisco e mentre lui mi guarda senza troppa convinzione cerco di trovare la traccia smarrita sul lato giusto della radura (sinistra guardando a monte, ovvero destra orografica): la cerco laddove a logica avrebbe dovuto essere per superare il salto roccioso visibile a monte e dopo essere salita di qualche metro tra erba e terreno paludoso trovo qualcosa che ci somiglia. Qui segnavia non ce ne sono, ma il terreno sembra appena più battuto. Decidiamo di provare e dopo qualche minuto di salita troviamo un masso con il benedetto segno bianco e rosso: le giornate sono lunghe e su dev’essere una meraviglia, ce la possiamo fare, si va!

E su è davvero una meraviglia: maciniamo dislivello traversando la parte alta della valle con la vista sulle sempre più vicine cime di Medaccio e punta Fiorelli, tra rododendri in fiore e ruderi di casupole che un tempo dovevano servire da ricovero per i pastori e le loro bestie. Il passo, che sembrava più vicino, lo raggiungiamo verso le 16.00, senza ovviamente incontrare anima viva.

Traversando la valle dell’Oro, anch’essa bellissima con le placconate e il verde brillante dei prati, ci dirigiamo verso il rifugio Omio che si vede in lontananza: incontriamo altri asini, ma questa volta non ci fregano, l’obiettivo è sempre davanti ai nostri occhi e già pregustiamo una cena in quota. Peccato che l’Omio sia chiuso, causa sopravvenuta nuova gestione e conseguenti lavori: se ci fossimo arrivati a pranzo, come da programmi, ci saremmo rimasti malissimo! Non ci resta che scendere, non senza prima esserci fatti suggerire la location per la sospirata cena da due climber ospiti del bivacco invernale del rifugio…

La giornata è stata decisamente lunga ma le costine al lavecc (e le altre leccornie) dell’agriturismo Case dei Baff  ricompensano abbondantemente della ravanata, come anche l’atmosfera cordiale e la gentilezza dei proprietari: in definitiva è stata una bellissima EEscursione 😉

a seguire itinerario dettagliato e foto (in questo caso utili oltre che belle) + mappa

Relazione dell’itinerario

Giunti ai Bagni di Masino, si parcheggia (se possibile) nel piccolo spiazzo che precede di circa 50 metri il ponticello che porta alla struttura dei bagni.
Proprio da lì sale una strada con l’indicazione Merdarola…..che è sempre una gran bella indicazione da seguire! 😛

Pochi metri sopra al parcheggio, appena prima di un rifugio / casa (non ho verificato), si stacca sulla sinistra il sentiero vero e proprio segnalato da un cartello.
Peccato che la staccionata non sia minimamente interrotta per poter accedere al sentiero. E già questo fa capire tante cose riguardo al proseguo……… 😉

Nella prima parte, la traccia è molto netta e sale nel bosco, con svariate indicazioni sui massi per la cascata, che si raggiunge in circa mezz’ora di cammino a tratti ripido.
Già in questa parte capita ogni tanto che la vegetazione copra leggermente il sentiero… ma non è nulla rispetto a quanto ci aspetterà a monte.

Giunti agevolmente alla cascata, ci godiamo i suoi splendidi scorci facendo qualche fotina e fermandoci due minuti.
Si risale poi sul versante sinistro della cascata fino ad un “cancelletto” (una corda per evitare che gli animali si tuffino di sotto).

Subito dopo si raggiunge una piccola radura dove abbiamo incontrato i primi asini e qualche cavallino che, stupiti del nostro arrivo, ci hanno accolti con gentilezza, facendosi accarezzare e salutandoci pacatamente.

Da qui in poi, bisognerà prestare un po’ più di attenzione al sentiero perchè le segnalazioni inizieranno a diradarsi e la via inizierà ad essere un filo meno scontata.
Dopo la radura, abbiamo seguito una traccia che proseguiva dritta rispetto alla nostra direzione iniziale, mancando però un “bivio” poco evidente sulla destra (verso monte) che è invece la strada da seguire (la cacca degli asini è l’indicatore principe. Se si chiama Merdarola un motivo ci sarà! 😛 ).

Parlando in termini generali, c’è da dire che tutta la via è discretamente indicata (a volte in modo sporadico… ma indicata), quindi se non trovate più nessun segno (o nessun ometto) nel giro di 10 minuti, è meglio tornare sui propri passi e cercare una strada alternativa.

Comunque……..a non più di 5 minuti dalla radura, continuando a salire verso monte, si incontrerà una vecchia casetta in pietra ancora utilizzata da qualche pastore.
Da lì in poi si supera un torrentello ed entro breve il bosco si diraderà lasciando poi spazio alla bella vista verso la val Porcellizzo e verso la val di Mello.

La traccia a volte è un po’ precaria ma comunque ancora ben indicata e facilmente seguibile per ometti.
Attorno ai 1600 metri circa, si incontra una seconda casetta in pietra che va superata alla sua sinistra risalendo poi verso monte piuttosto nettamente, sempre per ometti, fino a giungere ad una nuova radura che si trova 30-40 metri di dislivello più a monte.

Questo per noi è stato il punto chiave e quindi spendo due parole per segnalare alcuni indicatori che possono tornare utili.

Arrivati alla radura, osservando a monte, si vede sulla sinistra della valle (faccia a monte) una cascatella che scende per pendio scosceso e una seconda cascata che scende per rocce evidenti poco alla nostra destra.
Qui bisogna individuare una traccia per nulla segnalata (non ci sono ometti né segni di sentiero… o noi non li abbiamo visti!) che prosegue poco più a monte, leggermente verso sinistra, passando poi nell’unico punto a logica percorribile che traversa da sinistra verso destra in mezzo a due evidenti salti rocciosi, tra la vegetazione abbondante fatta di ontani, noccioli e felci.

Nella radura poc’anzi descritta, non fatevi ingannare da uno/due ometti che si vedono invece a destra (sempre faccia a monte) e che portano a due radure successive (dove noi abbiamo visto altri asini pascolare) dalle quali è possibile vedere in lontananza, alle pendici del monte Medaccio, sul lato opposto della valle, una sorta di casetta diroccata fra le rocce. (vedi foto: in quelle scattate dalla casetta diroccata al versante opposto si intuisce la posizione logica del sentiero di salita)

Quella casetta diroccata non ha niente a che vedere col percorso e vi porterà solo in un mare di…..merdarola……che purtroppo noi abbiamo affrontato con “comode” 4 ore di “mangrovie” e cascate a picco sul vuoto dalle quali è stato un vero delirio ritornare!

Ma veniamo alla via corretta da seguire………. 😉

Una volta individuata la flebile traccia di sentiero che a monte della valletta conduce tra i due risalti rocciosi sul versante sinistro della valle, la si segue tra felci e fitta vegetazione per una decina di minuti fino a trovare nuovamente qualche sbiadita indicazione di sentiero posta su roccia.
Fare sempre molta attenzione alla traccia in questo punto perché la vegetazione si è letteralmente mangiata il sentiero, ma comunque una volta ritrovati i primi bolli, sarà più agevole rimanere in traccia senza perdersi.

Dopo un paio di cambi di direzione, il sentiero inizia a risalire più verticale portandoci fuori dalla vegetazione e conducendo fino alla tanto agognata alpe della Merdarola, posto incantevole dove si può procedere tra splendidi rododendri in fiore fino ad una prima baita in pietra attorno ai 1950mt.

Qui ci fermiamo 5 minuti per rilassarci, dopo circa 2 ore di cammino reale e altre 4 ore di ravanata tra le mangrovie e le cascate a picco sul nulla.

Il tempo di mettermi i pantaloncini corti e si riparte verso la bocchetta di Medaccio, ben visibile sul lato opposto della valle e facilmente riconoscibile.

Da qui in poi il sentiero è abbastanza logico in quanto si vede chiaramente l’obiettivo e la vegetazione non è più così invadente da rendere impossibile procedere anche “ad cazzum”.
Ma comunque i bolli di sentiero qui ci sono e quindi tanto vale seguirli!
Il sentiero invece c’è solo a tratti, ma questo è un altro discorso 😛

Giunti in prossimità della bocchetta, si risale uno spallone e lo si segue fino a giungere al passo vero e proprio.
Qui ovviamente fa freddo e sul versante nord, verso cui scenderemo, troviamo neve.
La pendenza è abbastanza significativa ma per fortuna la neve è molle e comunque è aggirabile per gran parte sul bordo, vicino alle rocce.

Una volta discesi nella valle dell’Oro, si rimane sul versante sinistro (verso monte) per risalire un piccolo promontorio erboso.
Giunti sul promontorio, il rifugio Omio si vede chiaramente osservando in quota il versante opposto della valle.

Il sentiero da qui in poi è ben segnalato per bolli anche se non è molto battuto e ci si ritrova spesso a camminare tra i rododendri, senza seguire una vera e propria traccia.
Ad ogni modo, rispetto alla Merdarola, qui si va a tavoletta e non ci sono punti di difficile individuazione.
Fate solo un po’ di attenzione quando arrivate a ridosso di alcune splendide placche appoggiate di granito.
Lì il sentiero passa sotto. Seguite i bolli.

Giunti poi finalmente al rifugio Omio, da lì è una passeggiata di salute……
In circa 1h e mezza si torna a valle per buon sentiero ultra segnalato e senza patemi, arrivando poco a monte dei bagni.

Basta poi ridiscendere superando il ponticello sulla strada asfaltata per ritrovare il parcheggio dell’andata.

Che dire…..gitona ragazzi
Ma non è proprio per tutti. Davvero!! Qui ci si perde facile facile!
E ve lo dicono due che hanno girato la val Grande in lungo e in largo! 😉

Ma se volete provarci, enjoy! Ne vale la pena.
Citando Elio direi che “la morale di questa storia, è che la merda non è così brutta come la si dipinge”!! 😛

 

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